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180 IL BUON CUORE


Le nozze sacerdotali di diamante

del Prevosto Don EMILIO DIVIANI


Pel prevosto di San Giorgio al Palazzo, don Emilio Diviani, il giorno delle nozze sacerdotali di diamante, fu più che un giorno di soddisfazione, giorno di vera consolazione. Il venerando sacerdote ha toccato nuovamente con mano quanto sia per lui l’affetto del clero del popolo: le manifestazioni, non ancora dimenticate, delle nozze d’oro, ebbero, a distanza di dieci anni, riscontro commovente: la luminaria della sera, che fece della piazza innanzi la chiesa una féerie incantevole, fu un emblema fedele del sentimento dei cuori.

Il tempio, riccamente parato all’esterno ed all’interno, per la messa giubilare delle 7, rigurgitava di popolo. Nel prevosto nessuno avrebbe ravvisato il vegliardo ottantaquattrenne: assisteva mons. Limonta canonico della Metropolitana; eran padrini il marchese Giovanni Cornaggia-Medici ed il marchese Monticelli Obizzi cavaliere dell’ordine di Malta; coi sacerdoti della parrocchia — primo fra essi l’infaticabile don Serafino Elli — era presente anche il proposto di San Lorenzo don Rigogliosi; in posto distinto erano le rappresentanze delle istituzioni e dei consorzi parrocchiali che presero poi parte alla processione; squisito fu l’accompagnamento di musica del maestro Chiesa.

Affettuosissimo ed elevato il discorso di circostanza detto dal sac. Angelo Pagnoni, professore nel collegio “Alessandro Manzoni” di Merate. L’oratore fece un parallelo fra la prima messa e la messa di diamante: quella è piena di speranze: questa di ricordi e memorie.

In nome di queste memorie e di questi ricordi egli mandò al festeggiato, a nome del clero e del popolo, il saluto, l’augurio ed il voto cordiale; ne ricordò poi l’opera d’insegnante nel collegio “Manzoni” di Merate; poi quella prestata come coadiutore e prevosto nella chiesa di San Giorgio; rievocando con frase brillante la vita intemerata e inspirata allo zelo più ardente nell’esercizio del pastorale ministero e facendo un accenno alla partecipazione del movimento di libertà e indipendenza della patria quando la voce di Pio IX dal trono pontificio pregò da Dio la benedizione sull’Italia. Chiuse invocando la grazia divina sul clero, sul popolo, sulla parrocchia, e invitando i fedeli, memori dei benefici ricevuti, a pregare per il loro pastore.

La funzione mattutina terminò col canto del Te Deum e la benedizione col Santissimo.

Al banchetto presero pur parte i prevosti Bigatti di Santa Francesca Romana, Santagostino di S. Eustorgio Roveda di S. Sepolcro, mons. Alessandro Bianchi, il cav. Sessa, l’avv. Paleari, i fabbriceri ed altre persone distinte; brindarono don Bigatti con una poesia finemente umoristica augurante al prevosto Diviani di divenir “secolare” — l’avv. Paleari alla splendida figura del sacerdote giunto nell’età attuale con tutto il fervore del candidato e pel quale la messa di diamante significa il fulgore di una luce che nulla nasconde e tutto irraggia; simili sacerdoti son la benedizione
dell’Italia — il dottor Mondada dall’accordo dei candidati dei veterani del sacerdozio nell’appoggio della stampa cattolica traendo lieti auspici per l’avvenire di questa — il sac. prof. Pagnoni recando il saluto del rettore del collegio Manzoni, sac. cav. Cazzaniga, ed accennando alla pagina indimenticabile che nella vita di quel collegio don Diviani scrisse.

Commosso, ma rubizzo ed anche faceto, il prevosto rispose a tutti ringraziando di cuore ed ai colleghi in sacerdozio augurando soddisfazioni pari a quelle da lui avute.

Parlarono ancora il sac. Cara assistente a San Sisto, acclamando “ad multos annos” e don Bigatti annunciando le congratulazioni del collegio dei parroci del quale egli è segretario.

Grande fu il numero delle lettere e dei telegrammi di congratulazioni e d’augurio giunti. Fra essi primo il seguente del cardinale Merry del Val, letto dal pulpito dall’oratore del mattino: “Santo Padre coi migliori auguri le invia speciali benedizioni pel 60º anniversario ordinazione sacerdotale”; accenniamo pure specialmente quelli di mons. Bignami arcivescovo di Siracusa, che dal prevosto Diviani ebbe il battesimo, e dell’arciprete Bellesini di Dongo.

La sera alle 20, ai vesperi ed alla processione solenne con Te Deum e benedizione del SS. intervenne Sua Eminenza il cardinale arcivescovo che volle personalmente porgere le più affettuose felicitazioni: e dal pulpito, prima della processione, rivolse ai fedeli parole fervide sul significato della festa: festa di Cristo, festa del sacerdote e festa della popolazione fedele.

Un viaggio botanico

sui monti di Kai-Chan

Agosto-Settembre 1909.

Alle travi sono pure legate due piccole lettighe di carta per servizio di questi Dei quando si recano a fare il vento, il lampo, il tuono ecc. dove loro piaccia. Più che il sinedrio di questo pagodino che, con poche varianti, è il medesimo di tutti i piccoli miao di campagna, mi feriscono due iscrizioni che non ho letto fino ad ora in nessun altro luogo.

Le iscrizioni sono impastate alle due pareti. Quella di destra dice:

Wen Koan Sia Kiao

(Civili mandarini scendano (di) lettiga)

e quell’opposta:

Ou koan sia ma

(militari mandarini scendano (da) cavallo)

Come si vede gli dei di montagna hanno delle pretese maggiori di quelli di città; ma del resto le loro esigenze si restringono anche qui dentro i limiti del possibile. Prima, infatti, che un cavallo, purchè non risusciti il caval pegaseo, e una lettiga facciano capolino quassù, dovrà passare ancora molta acqua sotto i ponti!