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IL BUON CUORE 179


Educazione ed Istruzione


La conferenza di mons. Bonomelli


Adesso è detta aula magna del Liceo-Ginnasio Beccaria quella ove si tengono tante conferenze di vario genere; poche decine d’anni fa era la cappella dove ai giovani allievi del Ginnasio e del Liceo si impartivano settimanalmente lezioni di catechismo e di religione. L’altare fu tolto, ma rimangono il bell’affresco della vôlta e la loggia in giro al cornicione. L’ambiente è vasto e capace di circa 500 persone sedute. L’aula era gremita d’un mondo scelto ed intellettuale per ascoltare la annunciata conferenza di mons. Bonomelli, vescovo di Cremona, il quale, trattando genericamente del tema «il tempio», veniva a contribuire all’opera indefessa del Comitato pro Corpus Domini onde raccogliere fondi per il compimento entro quest’anno della chiesa monumentale che si ammira presso l’arco del Sempione. I carmelitani erano in buon numero con padre Beccaro e col loro priore padre Atanasio; notammo don Lorenzo Saluzzo, padre Gemelli con altri francescani, numerosi sacerdoti e parroci, e fra i laici il conte Parravicini, il comm. Corbetta, il comm. Tomaso Bertarelli e altre personalità distinte; le signore poi in grandissimo numero, sicchè l’aula gremita presentava un aspetto davvero imponente. Alle ore 16,20 precise il vesc. mons. Bonomelli entra, mentre tutti si alzano in piedi, e prende posto alla cattedra rialzata. Esordisce chiedendo venia di dover leggere anzichè proferire a memoria il discorso, ch’egli dopo un po’ di esitanza, accettò di venir qui a pronunciare onde contribuire ad accrescere i fondi pel compimento della chiesa del Corpus Domini che uno zelante Comitato si prefigge di conseguire, almeno in guisa sufficiente a tenervi in quest’anno del centenario di San Carlo, una funzione di ringraziamento.

La scelta del soggetto, dice mons. Bonomelli, fu lasciata a mia libera scelta ed io decisi di trattare un tema appropriato allo scopo della conferenza, quello del tempio di Dio. Che cos’è il tempio? è l’edificio destinato al culto della divinità: ma non è Dio che ha bisogno dei templi, poichè il firmamento costellato di gemme, i monti che si ergono verso il cielo, il mormorio dell’acque, la natura tutta incantevole sono il tempio di Dio, sono l’inno del creato alla onnipotenza divina. I popoli primitivi ancor vergini adoravano Iddio nella maestà della natura; i più grandi navigatori ed esploratori sentivano Dio nell’intimo dell’anima e lo scorgevano in ogni cosa del creato; di Dio eran compresi in ogni cosa che si palesava ai loro sguardi: Dio in una parola era in ogni anima civile che sapesse sollevare in alto il suo pensiero. Dio non ha bisogno di templi, ma perché sorsero e continuano a sorgere? Perche è l’uomo che ne abbisogna. Il cuore umano sente spontanea la necessità di metter fuori in forma tangibile le vampe del cuore, di estrinsecare i suoi sentimenti; occorre all’uomo di metter piede a terra per assorgere al cielo. Il tempio

è il luogo di misterioso convegno fra Dio e l’umanità, ivi s’innalza a Dio la voce dello spirito.

Qui l’oratore entra nel campo storico, a cominciare dall’evoluzione dei tempi dell’antichità, quello di Salomone pel popolo d’Israele, quelli della Grecia, sino ai templi del Cristianesimo, che sono l’espressione più perfetta dell’arte che rappresenta il culto a Dio. Sarebbe vano credere di poter riassumere a memoria questa parte in cui alla forma elettissima, l’oratore aggiunse la maggior dovizia di erudizione e di coltura, descrivendo l’epoca del sorgere delle cattedrali più celebri, dovute alla fierezza della fede che riuniva in un solo intento l’opera di nobili e popolani, di uomini d’arme e di toga, di mercanti e artigiani; disse di quel poema marmoreo ch’è il nostro Duomo; di Santa Sofia a Costantinopoli, della basilica vaticana, di S. Maria del Fiore a Firenze, delle Cattedrali di Orvieto, di Pisa, di Siena e via via. Quanto godimento spirituale e d’intelletto in quella scorsa del venerando oratore attraverso i sacri monumenti innalzati a gloria di Dio, e ne’ quali l’Italia può vantare un primato indicibile! Poi monsignor Bonomelli passò a dire dell’alto significato morale, religioso e civile degli atti di culto che si compiono nei templi. Con elevatezza geniale e sentimento esemplare di fede, passò in rivista ad uno ad uno i Sacramenti che vi si compiono, da quello che accoglie il bambino e lo munisce del sale della sapienza e della benedizione di pace per lanciarlo nell’aspra e ignota realtà della vita, a quello della Cresima che gli infonde fortezza di carattere, alla prima Comunione colle sue ineffabili dolcezze; poi del conferimento dell’ordine sacro alle sublimi missioni di sacrificio e di rinunzia alle gioie terrene, indi del matrimonio indissolubile che consacra la fede giuratasi fra due giovani esseri; infine quando il tempio accoglie estinta la salma che vien portata colà dove aveva fatto ingresso alla vita per uscirne ancor benedetta. Delle funzioni di culto disse egregiamente l’oratore, esaltando in modo meraviglioso il significato della musica che le accompagna, con l’organo che è il fremito ruggente o soave di tutte le voci che salgono al cielo.

Da ultimo l’oratore descrisse la Casa di Dio come casa della vera uguaglianza, della fratellanza umana per eccellenza, e qui ebbe accenni assennati e confronti opportuni in merito alle odierne aspirazioni di uguaglianza che invece di conseguirla fanno ancor più duramente sentire le differenze di classe.

L’oratore concluse fidente di aver dimostrato quanta sia la grandezza, il significato, la necessità del tempio sacro; e parafrasando il motto «ove sorge una scuola si chiude un carcere», soggiunge che ove sorge un tempio si chiude la porta al vizio e se ne apre una alla virtù ed alla pace.

Il venerando oratore, interrotto spesso da applausi, fu fatto segno in fine ad una vera ovazione. I più vicini si fecero intorno a lui per ossequiarlo e baciargli la mano, accompagnandolo fin verso la porta del Ginnasio, dove salito in carrozza, si recava nella casa del conte generale Tahon di Revel.