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Anno IX. Sabato, 28 Maggio 1910. Num. 22.


Giornale settimanale per le famiglie

IL BUON CUORE

Organo della SOCIETÀ AMICI DEL BENE

Bollettino dell’Associazione Nazionale per la difesa della fanciullezza abbandonata della Provvidenza Materna, della Provvidenza Baliatica e dell'Opera Pia Catena

E il tesor negato al fasto
Di superbe imbandigioni

Scorra amico all’umil tetto .....

ManzoniLa Risurrezione.

SI PUBBLICA A FAVORE DEI BENEFICATI della Società Amici del bene e dell'Asilo Convitto Infantile dei Ciechi
La nostra carità dev’essere un continuo beneficare, un beneficar tutti senza limite e senza eccezione.
RosminiOpere spirit., pag. 191.

Direzione ed Amministrazione presso la Tipografia Editrice L. F. COGLIATI, Corso Porta Romana, N. 17.




SOMMARIO:


Educazione ed Istruzione. —Augusta Maxwel Hutton. Non era disprezzo nè insensibilità per la gloria — In memoria di Francesco Ambrosoli — Un viaggio botanico sui monti di Kai-Chan.
Religione. —Vangelo della domenica seconda dopo Pentecoste — L’Eucaristia e la Consacrazione degli Altari — Per l’Asilo Convitto Infantile dei Ciechi.
Società Amici del bene. —Appello di carità.
Notiziario. —Necrologio settimanale — Diario.

Educazione ed Istruzione


Non era disprezzo

nè insensibilità per la gloria.

Appena l’eco dei rintocchi nervosi della campana si spense nell’aria, subito cominciò a svolgersi in religioso silenzio, il sobrio ma aristocratico programma di saggiofinale che le educande dell’Istituto *** intendevano dare a un mondo di invitati nella gran sala dei festeggiamenti,tutta sfolgorante di giovinezza, di beltà, di sorrisi, di toelette estive.

La musica teneva il primo posto. E sotto l’impeccabile direzione del professor Luigi Petruccelli, quelle leggiadre figurine seppero trarre dal piano, dai violini, dalla cetra, dall’arpa espressioni d’una verità, d’una perfezione da artisti. Ma certo anche non si lesinò di applausi nutriti, schietti, calorosi. Tuttavia il canto fu meglio compreso e gustato. Che splendide voci, e che arte nel rendere fino alle ultime sfumature, e con grazia e passione, le tante bellezze geniali della composizione! Si ratteneva il respiro per non perdere una sola nota: e l’occhio avvolgeva in un cerchio serrato la massa corale perchè non sfuggisse nulla di tanto spettacolo. Pareva che la realtà della vita fosse sparita, per dar posto ad un mondo fantastico tutto popolato di angeli, di fate, cinti d’un’atmosfera luminosa, simili a quei gruppi di spiriti in sembianze umane che il pennello di Giovanni da Fiesole ha dipinto in atteggiamento di cantare estasianti canzoni di cielo.

E non mancò un largo saggio di declamazione e
anche un saggio di portamento in società e in famiglia. Il successo era incondizionato, pieno; tutti lo proclamavano in cento modi, se lo confidavano entusiasti. La gran sala fremeva di commozione, e piacevasi di restare sotto un fascino che non accennava a rompere il suo incanto.

A tutte le intelligenti artiste andava l’applauso generale; ed alle singole che più si distinsero nello studio, nel canto, nell’arte, un applauso particolare.

Ma una spiccò sovrana anche in mezzo alle più valenti; fu facile accorgersene quando ella cantava la romanza dei «Gigli azzurri», e quando declamava «Alla Regina d’Italia» e «La Chiesa di polenta» del Carducci. Mai timbro di voce più sonante, più limpido, più malleabile e pastoso e dolce e carezzevole e robusto si era avuto in quell’Istituto, a memoria anche delle più antiche maestre.

Tesoro inapprezzabile davvero, ma anche adoperato con arte insuperabile. Anche i profani di musica ne convenivano. Del resto una controprova l’offriva il carnovale passato, quando saputo che al teatrino del Collegio si sarebbero dati «I Promessi Sposi» di Ponchielli, e in essi, quel prodigio di fanciulla avrebbe cantato la parte di Lucia, fu una ressa a chiedere permessi di entrata.

Quanto all’abilità declamatoria c’era ugual consenso d’ammirazione. Una pronuncia così netta, spiccata, simpatica; e secondo le circostanze concitata, focosa, tragica, o molle, languida, passionata, vellutata, o aspra, tagliente, sferzante, terribile da imporre e togliere il respiro. Al saggio finale si volle dare una prova della sua maravigliosa facilità di passaggio immediato da una espressione ad un’altra affatto opposta; e le tonalità di voce, la pronuncia, il gesto, il portamento della persona, la mobilità del volto e dell’occhio, tutto obbedì pronto fulmineo al suo impero. L’ammirazione per tanta giovane artista era al colmo.

Ma raggiunse il punto di effervescenza sfrenata, di parossismo, di follia, quando al chiudersi del saggio e all’assegnazione dei premi, alla regina della festa venne assegnato il premio massimo per valore nello studio.

Allora l’ovazione proruppe fragorosa, idolatra, e tutti avrebbero voluta averla vicino, stringerla in un amplesso caldo, coprirla di baci.