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IL BUON CUORE 159


insieme la rudezza franca e cavalleresca del suo paese nativo e la gaia finezza veneta. La sua conversazione era tutta tratti vivi, scoperte geniali, luci improvvise; il suo spirito era pronto ed inesauribile, ma era uno spirito buono, senza malizie, pieno di sorriso; allietava lui e gli altri. La sua causticità non lasciava il segno. Nasceva sempre dal suo buon umore non mai dal suo astio, e quel caratteristico dialetto mezzo lombardo e mezzo veneto che parlava, conferiva ad essa non so che garbatezza casalinga, non so che disinvoltura signorile. Quale dei suoi amici non ricorda ore stupende passate con lui, quando egli aveva l’aria di burlarsi sopratutto di sè e rideva sonoro sulle cose che diceva, e nel riso illuminato dal candore dei denti bellissimi risplendeva tutta l’innocenza della sua anima? Non era l’uomo dall’umorismo bizzarro e funambolesco. La sua originalità nasceva appunto dal suo equilibrio.

«I suoi motti bene temprati e bene scoccati erano fatti di logica e di semplicità; ma egli trovava nella logica e nella semplicità quello che non sapevano trovarvi gli altri. Si può dire che si riflettevano sulla sua mente i rossi riflessi dell’antico morbin veneziano che era segno di pienezza di vita, di rigoglio di salute, di senso ottimistico del reale. Non che egli fosse un illuso, un estraneo alla verità amara che è il lievito del nostro pane quotidiano. Ma aveva il dono della misura, era parco nei suoi desiderî, e la sua profonda e dignitosa modestia gli faceva trovar l’appagamento dove altri avrebbero trovato l’acre incitamento a volere di più. Gli è che sapeva bastare a sè stesso, e per gustare un po’ di gioja non aveva bisogno di aver intorno i testimoni che gliela invidiassero. Gli piaceva godere la limpida intimità del suo spirito. Se in compagnia era adorabile, sapeva anche star assai bene solo, e questa è una difficilissima virtù ed è solo degli ottimi. Gustava da sè i suoi pacati pensieri. S’era costituito un piccolo mondo interiore dove egli viveva quasi in un felice sdoppiamento»

Nè l’artista fu molto dissimile dall’uomo, e come fu retta ed onesta la sua vita, così fu limpida e proba la sua arte. Vivacità di colore e di movimento, intimo, diretto e costante rapporto fra l’espressione e l’osservazione, profondo senso di umanità, sagace arguzia e
sottile ironia; fremito violento e tumultuoso di passioni, in una parola: vita e verità!

Questi è l’uomo che ora dorme in una pace profonda, lasciando il più vivo e cocente rammarico della sua dipartita. Ma come ultimo saluto di un’anima credente e sincera, fu il foglietto che esprime l’ultima sua volontà: «Desidero esser sepolto a Milano al Cimitero Monumentale. Desidero funerali religiosi, dichiarandomi lieto di poter morire serenamente nella religione nella quale sono nato. Ma voglio funerali modestissimi e brevissimi, senza fiori e senza discorsi: e senza musica!!».

Pace allo spirito buono e sereno; riposo a chi lavorò nel nome fulgido dell’arte, con elevatezza d’ideali ed onestà d’intendimenti!

A. M. C.

Per l’Asilo Convitto Infantile dei Ciechi


SOCI AZIONISTI.

Terza rata.

Somma retro L. 107802 20

Erminia Benso Santini |||
   » 5 ―


Totale L. 107807 20


S. E. il Cardinale Arcivescovo si è degnato ricordare, con atto di paterna benevolenza, i piccoli figlioli dell’Asilo Infantile. Ha inviato alla loro Direttrice una magnifica e gustosa pasta dolce, in forma di cestino ma ricolmo di fiori e frutta. Il dono, già per sè tanto gradito ai piccoli ghiottoni, era accompagnato da un prezioso bigliettino:

Ai cari bambini dell’Asilo dei Ciechi,

Mi fu donato quest’oggi, e lo mando in dono ai più cari dei bambini, ai quali affettuosamente benedico.

Arcivescovo di Milano.

Del dono e delle parole gentili, grati e commossi, insieme coi loro Superiori, ringraziano i piccoli figlioli, pregando da Dio, per il loro Padre venerato, le più elette benedizioni.



Società Amici del bene


APPELLO DI CARITA’


Due buone giovinette povere necessitano della benefica cura climatica, ma dovrebbero rinunciarvi, per mancanza di mezzi, dopo un’annata di lavoro e di stenti.

Il Buon Cuore si apre loro, dando affidamento che non
saranno chieste invano ad altri cuori buoni le occorrenti L. 90. Veramente, per ogni giovinetta, dovrebbersi pagare L. 50, ma la più grandicella delle due dà il contributo di L. 10. E noi per ora lo accettiamo, poichè parlando esso di sacrificio e rappresentando un tenue guadagno fatto col sudor della fronte, ci pare meriterà tanta maggior corrispondenza dai generosi disposti a dare e che siam
già sicuri ci permetteranno, se la somma raccolta superasse l’indispensabile, di restituire le L. 10 alla povera, dignitosa giovinetta e render così più completo il beneficio.
M. C. |||
 L. 20 ―

Per la Provvidenza Materna


N. N. per dolore che fu risparmiato a Sandra |||
 L. 25 ―