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158 IL BUON CUORE


Era un nome famigliare per noi, che ebbimo la ventura di conoscere la gentile poetessa nel periodo più tranquillo e sereno della sua vita, quando, nel pittoresco eremo di Basalghelle di Oderzo, circondata dall’affetto dei genitori e di quattro gentili sorelle, si faceva ammirare ed amare da tutti per il suo ingegno, per la sua semplicità signorile, per la sua grande bontà cogli umili.

La rivediamo come la vedemmo per tre anni di seguito in quel luogo di quiete, dove traevano sovente, attirativi dalla giovane pensosa dagli occhi neri e dal mesto sorriso, distinti letterati, scienziati ed artisti.

Il golfo di Napoli, Venezia e il suo rifugio di Basalghelle diedero alla poetessa le prime ispirazioni. Il silenzio dei campi, lo stormir delle frondi, il vento o la pioggia, il cielo burrascoso o stellato, l’alba o il tramonto, tutta la natura, nelle sue alterne manifestazioni, parlava al cuore di Vittoria che si compiaceva di confidare i suoi pensieri ai foglietti rinchiusi sempre nella sua cartella d’artista.

Benchè circondata da affetti profondi, idolatrata dai genitori e dalle sorelle, ossequiata da personaggi, benedetta dai poveri, la poetessa inclinava a mestizia, e i suoi lavori, anche nell’età giovanile, avevano sempre malinconiche note.

La rivediamo sul suo carrozzino, guidatrice sicura de’ suoi prediletti cavallini, e la rivediamo nella sua semplice espressione di visitatrice di contadini infermi, col canestro al braccio, colla nera chioma ricciuta al vento, cogli occhi parlanti di pietà e di amore.

L’abate Zanella fu il maestro prediletto di Vittoria Aganoor e fu quello che indusse la ritrosa scolara a pubblicare i suoi primi versi, presentandoli poi con una lettera paterna. Più tardi, per aderire al desiderio dell’amatissima madre, ella si decise ad una raccolta completa — Leggenda eterna — che uscì con una dedica destinata alla genitrice, quando la notte di dolore non era ancora discesa nella mia anima... «Tu non vedesti la dedica — così scriveva la figlia orfana — non vedesti il volume... Ma soltanto adesso nella tua nuova vita, hai potuto leggere tutto il libro nel suo fondo oscuro, vedere gl’incerti pensieri, le varie fantasie, le passioni onde usci verso a verso, lento e triste, portandone seco l’ombra; soltanto adesso che meglio mi sai e meglio mi ami, non curando lodi nè censure altrui, cingendoti, nella memoria con le mie braccia, lo consacro a te».

Vittoria Aganoor aveva già perduto il padre amatissimo, e scriveva:

..........io t’odo
dell’infanzia narrar, fiorita al sole
della Asia, là, tra i bianchi intercolonni
della superba tua dimora, al vento
del tuo selvaggio mar, dentro le intatte
selve, o t’ascolto con solenni accenti
parlar di Dio.... Quanto t’ho amato, e quanto
t’amo, e quanto t’invoco!

Fedele all’amicizia, gentile e buona sempre, amante di tutte le opere di beneficenza, Vittoria Aganoor non negò mai i suoi fiori poetici a chi ne la richiedeva a vantaggio di pie istituzioni, ed ebbe sempre una predilezione per il Bene dei Figli della Provvidenza, per il Buon Cuore dei Ciechi e per la strenna della Pensione Benefica delle Giovani Lavoratrici.

Orfana di padre e di madre, Vittoria Aganoor andò sposa all’on. Guido Pompilj e di lui fu compagna indivisibile, seguendolo anche al congresso dell’Aja.

Abitò a Perugia, ove s’intese subito colla grande poetessa Alinda Brunamonti. Ma quella sublime amicizia fu troppo presto troncata dalla morte, che rapiva a Perugia la sua stella, e Vittoria Aganoor deponeva il suo fiore sulla tomba dell’amatissima Alinda con questi versi:

Vedi? è il trionfo. I sonori
inni odi tu? Pel sepolto
tuo corpo stanco hanno còlto
tutte le rose e gli allori.
Questa dei vati la sorte.
L’uom non li cura o disama;
sorge, comprende ed acclama
solo al passar della Morte.
Te, quando ancora nel sole
le tue pupille eran fisse,
segnò la Gloria, e ti disse
le sue profonde parole.
Ma dall’avel riconduce
tra le sue braccia possenti
te rediviva ai viventi
incoronata di luce.

S. M. la Regina Margherita fece deporre sul feretro della Brunamonti una corona di candide rose, ed ora effettuò il medesimo pensiero gentile per la poetessa Vittoria Aganoor.

Pur troppo la grande sventura sconvolse la mente del vedovo consorte, che credette non poter rassegnarsi al suo grande dolore e scomparve nel bujo della notte in cui errava il suo spirito smarrito.

Angelo Maria Cornelio.

La morte di GEROLAMO ROVETTA

Aveva 60 anni; la morte lo ha colto quasi d’improvviso, con una lotta di poche ore, stramazzando un organismo che pareva fatto per dominare il tempo e il male.

«Nato di salda schiatta bresciana e vissuto lungamente a Verona — così Renato Simoni — egli aveva