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IL BUON CUORE 155


Piccolo Eroe?...

(Continuazione, v. n. 19).

― Tutto questo è affar vostro; e se voi dite di sentirvi da tanto, non posso che ammirarvi, gioire con voi, perchè, se non altro, mostrate di essere un carattere. E allora tutto è finito tra noi. Avevo sperato di chiudere gli ultimi miei giorni, rassicurato della continuazione della mia Casa industriale, e rassicurato da voi che ho amato come un figlio: ma vedo di essermi ingannato. Però... — e qui la voce rauca e dura del signor Whiteman, fattasi più dolce, passionata, tremolante, si spezzava fra qualche singhiozzo di pianto — però, dacchè non anteponete alla mia Casa e a mia figlia un’altra Casa e un’altra donna... ma un’Istituzione che io pure venero, per quanto di fede anglicana, voi potrete sempre contare sulla mia amicizia per voi, e venire in casa mia come in casa vostra, come avete fatto sino ad oggi.

― Grazie infinite, e scuse anche se, pure senza volerlo, ho dovuto amareggiare e contristare il vostro nobile cuore....

Gustavo Ricci stranamente commosso, gonfio il cuore, l’occhio imperlato di lacrime, usciva dal salottino del suo padrone come barcollando, trasognato, meravigliandosi di essersi potuto spiegare abbastanza su un tema che quasi celava a se stesso per paura di profanarlo. Ma potè rimettersi subito nella sua calma normale, più sereno e alleggerito da uno sfogo di pianto e una confessione così giustificata a chi ne aveva tanto diritto.

Dopo una quindicina di giorni lasciava quella Casa definitivamente; la scena di commiato fu dolorosa, ma improntata alla massima educazione e schiettezza da ambo le parti. I bimbi, che gli si erano profondamente affezionati, non lo lasciarono sì presto; e col loro pianto sconsolato, convulso, gli straziavano il cuore. Gustavo ultimate le pratiche di accettazione entrava nel gran Seminario.

Il suo fu un sospiro di sollievo, di soddisfazione infinita, quando potè dire a se stesso di aver finalmente raggiunto il porto desiderato, e respirò con voluttà quell’aria santificata dalla preghiera e dallo studio. Con ardore indicibile si dedicò alle discipline sacre, moltiplicando se stesso, le sue energie, per guadagnar tempo e famigliarizzarsi quelle nozioni di dogmatica e di morale che sono indispensabili a qualunque sacerdote. Ma un altro studio non trascurò, quello con cui si forma lo spirito dei seminarista e del prete. E perciò si provvide d’una mirabile raccolta delle migliori vite di Santi e Servi di Dio: anzitutto La Vie de Jésus Christ del Le Camus e The Life of Christ del P. Elliot; poi Vie de M. Olier, Vie di Mgr. Dupanloup, Vie de S. Charles del Silvain, la Vita del B. Curato d’Ars, di S. Vincenzo de’ Paoli, del Wiseman, del Ven. Olivain, del P. Ravignan, di Lacordaire, del Car. Newman con tutte le sue Opere; altre e altre; e curvo su quei volumi passava ore deliziose ogni giorno, nella meditazione profonda dei casi e delle dottrine degli eroi della Fede, bevendone
a larghi sorsi, assimilandosi il loro spirito largo e generoso.

Non staremo però a fare la storia della sua vita seminaristica; diremo soltanto che adempiendo sempre con gran voglia e gran cura i suoi doveri di studio, di disciplina, distinguendosi per la pietà e lo zelo di mettere a contributo le tante belle qualità di spirito onde era fornito, potè giungere dopo più di tre anni al momento ardentemente desiato di ricevere l’Ordinazione sacerdotale, che dovea coincidere con un’altra cerimonia gradita al suo cuore di cui diamo conto.

Quando Gustavo lasciò per l’ultima volta la casa del signor Whiteman, quella che più ne rimase urtata fu Edith; e per più giorni restò di così nero umore, così intrattabile, velenosa, che nessuno ardiva più rivolgerle la parola. Poi si calmò e uscì dal suo mutismo irritante, per tornare ancora la fanciulla normale, chiassosa di prima. Però tutto quel piccolo dramma di anime l’indusse a pensare. Come mai il Cattolicismo aveva tale potenza da portare ad eroici sacrifizii quando l’età, la fortuna, le circostanze avevano il massimo di seduzione di irresistibilità? Come mai uno può decidersi ad abbandonare senza rimpianto, a spregiare dei beni che altri idolatrano, per cui lavorano tutta la vita? Una ragione sufficiente va pure assegnata a cotali fenomeni. Bisognerà supporre che oltre i beni sensibili e caduchi, altri ce ne siano e senza confronto più stabili e degni d’uno spirito immortale; bisogna anche supporre che la Religione che persuade certi sacrifizii, debba essere bene autorevole, potente e di necessità la sola vera.

Questo lavorio molto filosofico, nella mente di Edith punto avvezza a raziocinii severi, non poteva protrarsi molto senza esaurire la piccola munizione di energie; ma agì guanto bastava per condurla, tra sodi riflessi vane ribellioni ad una logica inesorabile ma legittima, a concludere qualche cosa.

E concluse di lasciare la religione nativa che del resto, per lei, si riduceva a vuote e sterili forme, per farsi cattolica. Quante altre spinte non la gettavano in questa direzione, quante altre attrattive non l’invitavano al gran cambio! Fece pertanto tutti i passi opportuni, e un bel giorno si mise sotto la direzione di un dotto e pio religioso Barnabita, si istruì, si preparò all’abiura solenne dell’Anglicanismo e al Battesimo e alla prima Comunione, stabilendo che coincidesse col giorno della prima Messa di Gustavo.

Quel giorno memorando — il 31 maggio 1887 — la Basilica di S. Maria di Carignano, tutta splendente di apparati in aggiunta alla ricchezza di marmi e sculture dipinti insigni, aveva un aspetto più solenne, più festoso, e un nuovo fremito pervadeva la folla immensa di divoti e curiosi venuti per le grandi cerimonie del giorno. Il ricordo ne restò indimenticato e caro nel cuore di tutti.

Edith tornata cattolica fervente alla sua casa, vide subito qual posto le spettava di dovere e di diritto in quel santuario della pietà: il posto di Suora di Carità ma senza voti solenni e senza abito monastico accanto a un padre supremamente diletto e bisognoso di cure le più affettuose e gentili; e subito inaugurò la sua