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IL BUON CUORE 149


Piccolo Eroe?...

Una mattina di maggio del 1880, la rosea palazzina dell’industriale genovese Jonh Whiteman, in via Assarotti, era insolitamente animata. Stava per partire alla volta di Pisa, dove avrebbe passato un tempo indeterminato presso una ricca parente, Edith, la figlia maggiore del signor Whiteman, avvenente e salda vergine sui sedici; ed entrava nello studio, in qualità di scrivano aggiunto, un giovane della città, in sostituzione d’un altro che aveva lasciato quel posto per ragioni delicate.

Era una mattina calma, tutta un folgorio di luce, tutta una festa di suoni, tutta un’ebbrezza di profumi acuti e penetranti, al cospetto dell’infinito mare azzurro che stendevasi placido e maestoso sotto la carezza morbida del sole, sotto il bacio del cielo.

Il contrasto non poteva essere più stridente colla scena che svolgevasi in casa; dove, sotto l’apparenza di disinvoltura, di spensieratezza, di gioia chiassosa, impertinente anche, qualunque fine osservatore avrebbe sospettato una brutta realtà di disprezzo superbo, di dolore cupo, di vergogna cocente, per qualche disappunto avvenuto in famiglia. La graziosa artistica figurina di Edith scossa a volta a volta in tutta la persona, non certo per brividi di freddo, con una tristezza indefinibile nella languida pupilla, e con tremiti convulsi alle labbra contraentesi in una espressione amara, che non sempre sapeva prevenire o dominare, era quella che si tradiva di più.

Tuttavia Gustavo Ricci, il nuovo impiegato assunto, o nulla ebbe a notare, o credette di dover lasciar scorgere d’aver notato nulla. Entrò nello studio dove parecchi contabili attendevano alacremente al lavoro; entrò subito anche il padrone che gli assegnò la sua parte di collaborazione nella complicata gestione in cui egli si era fatto una fortuna e un nome rispettato e temuto. Di già che possedeva a perfezione la lingua inglese, avrebbe collaborato col primo contabile nella corrispondenza in quella lingua per gli affari pendenti coll’America del Nord e coll’Inghilterra. Intanto veniva messo a giorno del meccanismo commerciale — ramo esportazione seta lavorata — che era quella della Casa Whiteman, di cui non avea che ben vaga e superficiale idea. E in questo noviziato passò qualche mese. Intuiva facilmente, afferrava, riteneva; e in più d’un caso fece stupire i colleghi che concordemente riconobbero in lui la stoffa d’uomo d’affari.

Ma ciò che colpiva di più, ed era inesplicabile come un enigma, era la serietà, più d’uomo maturo che d’un giovane di vent’anni, la correttezza della condotta senza affettazioni o calcolo, ma spontanea come una felice seconda natura. Tutto l’opposto del suo predecessore, frivolo, galante, gaudente, senza troppi scrupoli quando si trattava di divertirsi. Del quale però non si sarebbe mai interessato, mai avrebbe fatto inchieste sulle prodezze ultime che gli valsero il licenziamento della Casa Whiteman, se altri, e dopo molto tempo, non lo avesse confidenzialmente informato. Una cosa semplicissima.
Quel miserabile, con un istinto prepotente di cacciatore d’avventure, infatuato delle sue qualità esteriori e d’una presunta irresistibilità, non aveva dubitato di sollevare l’innamorato pensiero sino alla figlia del suo padrone, di esprimerglielo, con cento arti e galanterie tutte proprie di tal gente. Miss Edith sulle prime non credette di dovergli dare troppa importanza, poi scherzò con molta leggerezza alle spese del suo Romeo, divertendosi a umiliarlo, vederlo soffrire. E fu solo quando le cose giunsero ad un punto compromettente, che invocò l’intervento del padre. Il quale rudemente e in modo molto spiccio mise alla porta l’impiegato, e suggerì alla figlia di andare a distrarsi e dimenticare l’affronto presso una parente a Pisa.

Intanto Gustavo Ricci confermava sempre più la stima che i colleghi e il signor Whiteman avevano di lui, lavorando assiduamente, sempre esatto all’orario, sempre zelante, sempre serio e corretto. Un giorno il padrone lo fa chiamare nel suo gabinetto da lavoro e gli dice di saperlo iscritto ai corsi universitarii, con molta meraviglia sua, per non potersene spiegare il perchè e il modo di attendere a studii incompatibili colla sua presente occupazione.

Qui, sotto l’occhio curioso e indagatore del padrone, che mostrava di non accontentarsi di una risposta qualunque, dovette sbottonarsi e rivelare una storia pietosa e sublime di sacrificio e amor filiale.

Mortogli il padre da poco tempo, dovette assumersi tutto per sè, di provvedere alla vecchia madre, malaticcia, un tantino bisbetica ed esigente, però molto buona e tenera verso l’unico suo figlio. Vivente il padre e con una relativa agiatezza, Gustavo aveva potuto venir allevato quasi signorilmente; era stato mandato agli studii, che compi con esito brillante fino alla licenza liceale; e inscritto ai corsi universitarii per prendersi la laurea in belle lettere, li avea frequentati alla men peggio, intermittentemente, causa la morte del padre e la necessità di darsi ad un impiego lucrativo per far fronte alle spese della vita.

Il signor Whiteman non si appagò della versione del suo dipendente, e mandò in tutto segreto a fare un’inchiesta privata per conto suo. Quell’uomo duro e non facile a commuoversi si vide costretto ad ammirare non solo tanta dignitosa elevatezza di carattere, ma a versare una lacrima furtiva al sapere gli enormi sacrifizii di Gustavo, fino a togliersi di bocca il pane per fornire alla madre l’illusione di non essere decaduta dallo stato signorile d’un tempo.

Infatti l’abitazione era allestita con un gusto squisito, un vero nido ideale di sposini, bene illuminata, comoda, ventilata, e un mobiglio artistico, e fiori qua e là a mettere una nota festosa ovunque. E lui, malgrado i principii severi che professava, sempre con abiti di taglio impeccabile, elegante anche, e con un portamento di tutta la persona ritta, energica sempre, che certo conferiva gloria all’uomo, ma era anche in contrasto coll’umiltà del cristiano. Non è a dire poi delle tenerezze, delle finezze quasi di fanciulla che usava alla madre.

Sicuro ornai che un tal giovane non si sarebbe più smentito, il signor Whiteman credè di poter aiutare