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IL BUON CUORE 133


A GIOVANNA D’ARCO


     La primavera scorrea, con fulgide
promesse, i Franchi paesi uberi;
e Tu del novissimo sguardo,
contemplavi la patria, o Giovanna.

     Fremeano, ebbri di sole e d’aria,
d’amor, di vita, le cose e gli esseri;
ma l’ombra di morte, (e qual morte!)
incombea su’ tuoi giovani dì.

     Come un’estiva corrusca nuvola
sui biondi campi, l’odio Britannico,
su Te, casto fior peregrino,
dirompeva con empio clamor.

     «Va, maliarda», dicean, schernendoti,
mentre passavi di ceppi carica,
gli sgherri del vil Borgognone,
e de l’Anglo Reggente i sicari.

     «Va, maliarda, le forze inique
che a nostro danno, che a nostro obbrobrio,
dagl’inferi mondi evocasti,
già son dome e disperse. Le voci,

     oh le tue voci già ammutolirono;
Carlo, e i tuoi fidi T’abbandonarono;
sei vinta, sei nostra, sei rea,
sei perduta». E Tu intanto compivi,

     sicura il passo, la fronte indomita,
l’ultima tappa del tuo calvario.
Rullavano cupi i tamburi,
le campane suonavano a morte.

     Della recisa tua vita florida
sentiva il core tutto lo strazio;
ma forte era l’anima; gli occhi
si fissavano in alto, a la meta;

     mentre la santa prece dei martiri
salia dal petto sul labbro vergine,
col voto che afforza e sublima,
col sospir che si dona e s’oblìa.

     «O mio Signore, di questa patria,
che, per Tuo cenno, difesi impavida,
di questa mia patria, o Signore,
sia l’ingiusta mia morte salute.

     La passione tua grande, l’umile
mia passione regga e santifichi!
Se in pace al rossor de lo scherno
e del rogo ai tormenti mi piego;

     sperdi la voce rea di calunnie
che l’onor mio troppo contamina!
Io vissi ed oprai nel tuo nome,
nel tuo nome morendo confido!....»

     E Iddio T’intese. Di fiamme un orrido
vol, saliente con guizzi e crepiti
feroci, mordenti ogni fibra
del tuo corpo riscosse e investì.

     Il vigoroso tuo piè fu cenere!
l’ardito braccio che vinse l’Anglica
possanza, fu cenere! Il volto
ah il tuo fiero bel volto fu cenere!

     Ma non il core, no; il puro, l’inclito
tuo core, illeso fu visto, fulgido
quasi astro; e fu il novo portento
di tue postume glorie un presagio.

     Sotto la mano che i giusti vendica,
ad uno ad uno, per fato ignobile,
ben presto perirono, e i Giuda
che di Te fean mercato, e gl’iniqui

     che le tue gesta d’onta coprirono,
e gl’inumani che il tuo segnarono
tremendo supplizio!.... Su tutti
bieca un’ombra d’infamia addensò.

     Sul Franco suolo, al moto instabile
de la fortuna, mille alternaronsi
vicende, fra popoli e troni;
luminose meteore vanirono

     pel Franco cielo, e nembi d’orridi
travolgimenti; ma la memoria
tua stette, o Giovanna, ravvolta
nel perenne suo nimbo di gloria.

     Stette la tua memoria. (Estinguersi
può forse il vero? forse dissolvere
può turbine umano l’idea
che in Dio nasce, in Dio vive e si fonde?)

     Stette la tua memoria, e fervido
più sempre un voto sorgea dall’anima
(de’ Tuoi non soltanto), di tutti
che a la croce son fidi e a la patria.

     Mirar dei Santi l’aureola cingerti
la pura fronte, che un dì cingeanti
le lugubri vampe; esaltare
col tuo nome de’ martiri il nome;

     e là ove il rogo Ti ergeano, erigerti
degno un altare!.... Sciogliamo al giubilo
la voce, o credenti, o fratelli,
d’ogni suolo! Esultiamo ne l’inno

     de l’alleluia! A Dio prostriamoci,
a Dio che l’eco d’uno e più secoli
raccolse, che il voto di tanti
cuori intese e fe’ pago. Esultiamo!....

     Or compie un anno dal dì che l’inclita
Chiesa di Cristo, pel ministerio
de l’almo suo Capo, fra i Santi
assumea la fanciulla guerriera.

     Quel giorno Roma, l’Urbe dei popoli,
fiera del novo trionfo splendido,
vincente gli antichi, mostrava
de’ suoi giorni migliori il sorriso.

     E il ciel ridea sovr’essa limpido,
piovendo nimbi d’oro allo storico
San Pietro, ove immensa una folla
inchinava alla bianca bandiera