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Anno IX. Sabato, 2 Aprile 1910. Num. 14.


Giornale settimanale per le famiglie

IL BUON CUORE

Organo della SOCIETÀ AMICI DEL BENE

Bollettino dell’Associazione Nazionale per la difesa della fanciullezza abbandonata della Provvidenza Materna, della Provvidenza Baliatica e dell'Opera Pia Catena

E il tesor negato al fasto
Di superbe imbandigioni

Scorra amico all’umil tetto .....

ManzoniLa Risurrezione.

SI PUBBLICA A FAVORE DEI BENEFICATI della Società Amici del bene e dell'Asilo Convitto Infantile dei Ciechi
La nostra carità dev’essere un continuo beneficare, un beneficar tutti senza limite e senza eccezione.
RosminiOpere spirit., pag. 191.

Direzione ed Amministrazione presso la Tipografia Editrice L. F. COGLIATI, Corso Porta Romana, N. 17.




SOMMARIO:


Educazione ed Istruzione. —L’igiene nella legislazione di S. Carlo - Mary Cappello. Piccolo artista — Note brasiliane.
Religione. —Vangelo della prima domenica dopo Pasqua — Il centenne abate Antonio Campanella, Priore di N. S. del Carmine a Genova — Per l’Asilo Convitto Infantile dei Ciechi — Pensione famiglia per impiegate.
Società Amici del bene. —Società delle Dame di S. Vincenzo — Caso doloroso — Francobolli usati.
Notiziario. —Necrologio settimanale — Bibliografia — Diario.

Educazione ed Istruzione


L’igiene nella legislazione di S. Carlo

Interessantissimo sempre il periodico mensile, che si pubblica per San Carlo Borromeo nel terzo centenario della canonizzazione. La vita del gran Santo è esaminata nei punti più culminanti dal dotto sacerdote don Cesare Orsenigo, il quale, nel fascicolo di marzo, dopo aver parlato delle calamità, della carestia e della peste che desolarono Milano, accenna argomento dell’igiene nella legislazione di San Carlo, e assolve egregiamente il suo assunto, facendo brillare le doti straordinarie della mente e del cuore dello straordinario benefattore.

«La storia circonda di un’aureola di carità così luminosa la figura di San Carlo al tempo della peste, che anche gli scrittori meno benevoli non osano mai neppure attenuarla; ma invece non mancò chi parve voler menomare il merito di quella sua carità, mettendo la sua condotta in contrasto coi dettami più elementari della prudenza e dell’igiene; anzi vi fu chi accusò apertamente San Carlo di aver agevolato la diffusione del morbo con le sue processioni e pubbliche preghiere.

«L’appunto, che non manca di una certa apparenza di verità, è invece sfatato totalmente quando, come giustizia vuole, si consideri la condotta di San Carlo nella luce del suo tempo e dell’ambiente.

«Le processioni, bisogna riconoscerlo, non erano scevre, umanamente parlando, del pericolo di contagio. Nè ignorava queste cose San Carlo, che anzi aveva
per l’occasione arricchita la sua biblioteca di circa un centinaio di libri di medicina, non ostante fosse alieno da qualsiasi sua cura personale.

«All’Archivio della Curia Arcivescovile fu trovata fra i molti manoscritti di San Carlo la minuta di alcuni «raccordi» ossia consigli, che egli indirizzava all’illustre signor senatore Castiglioni per la preservazione di questa città dal morbo della peste, e vi si legge fra l’altro che bisogna «ritirar li vagabondi... evitar li concorsi di gente... et il snidarsi et raffreddarsi et conversar insieme... cose tutte che possono disponete li corpi a simili contagi». A noi poco importa che questi consigli siano o no pervenuti al senatore Castiglioni, basta che San Carlo li abbia scritti, per dedurne quali fossero le sue idee in proposito.

«Ma allora si dirà come mai, pur consigliando di «evitar li concorsi di gente» e persino «il conversar insieme» promosse poi quelle affollatissime processioni?

«La spiegazione non dovrebbe esser difficile a chi conosce l’anima del popolo, specialmente l’anima della folla, quando è presa dal timore. Il popolo, a quei tempi più credente che oggi giorno, ricorreva alla preghiera pubblica, alle processioni come al rimedio principe in qualsiasi calamità; nè le Autorità civili, nè l’Arcivescovo stesso, se anche l’avesse voluto, sarebbero riusciti a dissuaderlo.

«Esso aveva radicata l’idea che Dio, così solennemente invocato, avrebbe non solo impedito che il contagio si propagasse a causa delle processioni, ma anzi l’avrebbe fatto cessare totalmente; e certo, se si vuol esser esatti, le processioni non peggiorarono mai le situazioni, tanto che nel 1630, in occasione di una nuova pestilenza, il popolo ricorse ancora alle processioni, e anche allora il Cardinal Arcivescovo, che era il grande Federico Borromeo, lo accondiscese.

«È ben probabile quindi che questi numerosi cortei si sarebbero pur fatti egualmente, anche a dispetto di chi governava, e fatti senza l’intervento di un’Autorità venerata, sarebbero inevitabilmente degenerati in agglomeramenti spaventosi.

«Si direbbe che San Carlo stesso abbia preveduto le obbiezioni che si sarebbero mosse alle sue processioni dal lato igienico, e vi risponde da par suo.

«Nel Concilio Provinciale V, dopo aver raccoman-