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Anno IX. Sabato, 26 Marzo 1910. Num. 13.


Giornale settimanale per le famiglie

IL BUON CUORE

Organo della SOCIETÀ AMICI DEL BENE

Bollettino dell’Associazione Nazionale per la difesa della fanciullezza abbandonata della Provvidenza Materna, della Provvidenza Baliatica e dell'Opera Pia Catena

E il tesor negato al fasto
Di superbe imbandigioni

Scorra amico all’umil tetto .....

ManzoniLa Risurrezione.

SI PUBBLICA A FAVORE DEI BENEFICATI della Società Amici del bene e dell'Asilo Convitto Infantile dei Ciechi
La nostra carità dev’essere un continuo beneficare, un beneficar tutti senza limite e senza eccezione.
RosminiOpere spirit., pag. 191.

Direzione ed Amministrazione presso la Tipografia Editrice L. F. COGLIATI, Corso Porta Romana, N. 17.




SOMMARIO:


Educazione ed Istruzione. —Sac. Adalberto Catena. San Carlo e il secolo XVI — Rodolfo Rampoldi. Gesù nel deserto — Giulia Carcano Fontana. Un episodio delle cinque giornate del 1848.
Beneficenza. —Un patronato di Dame per i fanciulli tradotti in giustizia — Per l’Asilo Convitto Infantile dei Ciechi — Pensione famiglia per impiegate.
Religione. —Vangelo della domenica di Pasqua — L. Maregalli. E dove trovasi oggidì il corpo di S. Satiro? — I funerali del comm. Candiani a Milano e a Corenno.
Società Amici del bene. —Caso doloroso — Pei carcerati ― Francobolli usati.
Notiziario. —Necrologio settimanale — Diario.

Educazione ed Istruzione


SAN CARLO E IL SECOLO XVI

PANEGIRICO

del Sacerdote Adalberto Catena

NELLA METROPOLITANA DI MILANO

il 4 Novembre 1853.

Non leggiamo noi, che trentamila protestanti si lanciarono sopra Trento mettendo tutto a ferro e fuoco quasi che così si combattano le battaglie del Signore? E quel primo novatore ripara dietro ai duchi germanici, all’ordine teutonico, dietro un incendio, sì che non lo si potesse raggiungere. O che così si difendeva la dottrina di Cristo, o che Egli non chiamasse a sè i piccoli prima dei principi, dei magistrati, dei grandi del popolo? O che le due autorità quaggiù, la sacra e la civile, debbano ledersi a vicenda, e che Giosia re, quando esclamò: “Io voglio mettere l’incenso nel turibolo” non gli ascendesse pel viso una lebbra vergognosa? La devozione verso la Sede Apostolica e ad ogni autorità, che da lei deriva e il fermo volere di propugnarne i diritti decorrono dai primordi della vita di Carlo fino al suo novissimo giorno. E se volete è nel dì sgraziato, che i due poteri si trovano a fronte, che abbiamo l’esercizio più splendido, quasi una sublimazione della fortezza evangelica. Non la resistenza fastosa e collerica, che impegna le ire contro l’uomo insieme e contro la verità; non quell’accamparsi sull’ultimo confine del proprio diritto negando ogni sacrificio, ma sì quell’opposizione che arriva lenta, fallita ogni soavità dell’amore,
ogni arte d’industre consiglio, fallita l’opera del tempo — quando comincia e permane lo scandalo. Lo ricordo il Borromeo, allora che in appoggio d’una giurisdizione stabilita dalle consuetudini, resse con coraggiosa umiltà al duro rimprovero, che gli veniva da un re malaccorto: resse, e pregò, e perdurava. Lo ricordo meglio allora che, pretestando il nome del re cattolico e uno strano privilegio, cattolici, sacerdoti interdicevano al Vescovo l’ingresso in una delle sue Chiese. Assicuravasi del suo diritto, consigliavasi a Roma, ma quando una inturbata pertinacia gli portò l’ora della giustizia ed entrava in quei momenti di elevazione morale, in cui anche la vita è nulla, tutto il dovere sfolgorava il Santo, e, messi gl’indumenti pontificali, veniva alle porte sbarrate e gremite di lance.. se mai... quelle s’aprissero avanti al Pastore.... Ma non fu.

Ed Ei scendeva dalla cavalcatura, stringeva la croce che il precedeva, vi stava fisso coll’occhio, quasi accennasse non rigettassero il Dio Signore. E ancora stettero quelle porte.... Ed Egli ritraevasi col dolore nel cuore; pallidi, irrigiditi gli astanti al sacrilegio. Fu tardi, ma quelle porte si apersero e ne uscivano e si rendevano perititi quei tristi ai piedi del Santo.

Ricordo le sacre censure uscite dall’indifeso Episcopio contro il preside stesso della provincia; i militi, quattro giorni ivi circuenti, lui solo, in mezzo al trepidare di tutti, confortantesi nella memoria di Ambrogio.

Lo trovo, da ultimo, a Coira, in altre città dell’Elvezia, stante nel pubblico consiglio contro eretici signori. Ed era, Egli, il Cardinale, che riconosceva il potere di larghe onorificenze, che consigliava i principi a Torino, a Varsavia, che ne sosteneva di sue preghiere i giorni cadenti, che trovavasi all’ultimo loro origliere, ai tristissimi comiati dal regno e dalla vita. Come, dunque, tanto ottenesse, non fidato al braccio dei potenti, oh il dica chi ha sentito anche per poco agitarsi nel cuore la carità di Dio e dei fratelli. I riformatori mossero dall’odio e distrussero: Carlo dall’amore e edificò. Nella forza la dissoluzione e la morte, nell’amore la congiunzione e la vita. O fu l’altro principio della ragione, che stranamente fu accompagnato alla forza, che riuscisse ad alcuna cosa mai? Ma quello mise capo a due abissi, al dubbio ed all’incredulità: nel fatto riuscì alla divisione. Non era ancora sceso sotterra Lutero, ed era in urto