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252 capitolo quinto


Benedetto prese il polso del primo che gli aveva parlato e proseguì:

«Glielo prese, glielo tenne un momento in silenzio, poi gli disse: — Amico, voi soffrite di cuore. Io ve l’ho letto in viso e ora sento battere il martello del falegname che vi lavora la bara.»

Il giovine dal polso prigioniero non potè a meno di batter le ciglia.

«Non parlo per Lei» disse Benedetto. «Parla quel medico a quel tale che non crede nella medicina. E continua: — Venite voi a me per avere vita e salute? Io vi darò l’una e l’altra. Non venite per questo? Io non ho tempo per voi. — Allora colui, che si era sempre creduto sano, allibbì e disse: — Maestro, eccomi nelle vostre mani, fate che io viva.»

I tre rimasero per un momento sbalorditi. Quando accennarono a riaversi e a replicare, Benedetto riprese:

«Se tre ciechi mi domandano la mia lampada di verità, cosa risponderò io? Risponderò: andate prima e preparate gli occhi vostri ad essa perchè se io ve la dessi nelle mani ora, voi non ne avreste alcun lume, voi non potreste che guastarla.»

«Non vorrei» disse lo studente lungo, smilzo e occhialuto «che per vedere questa Sua lampada di verità si dovessero chiudere le finestre alla luce del sole. Ma insomma capisco ch’Ella non voglia