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l'altro per modo, che un solo sempre convien che sia il principale inteso da lei. Or concedasi che la tragicommedia sia misto ragionevole: che intende ella di fare? che fine ha? Vuole ella ridere, o piagnere? poichè l'uno e l'altro in un medesimo tempo far non si può. Qual dunque fa ella prima? qual più? qual meno? qual principale? qual subalterno? A questo obbietto non si può ben rispondere, se prima non si determina qual sia il fine della tragedia, e qual sia quello della commedia. Per intelligenza di che hassi a sapere che ciascuna arte, oltre quel principale che dianzi s'è da noi detto, ha un altro fine. L'uno, per cagion del quale operando l'artefice introduce nella materia che egli ha per mano quella forma ch'è fin dell'opera; l'altro, per bene e uso del quale a cosa che vuol condurre a fine vien operata. Nel qual senso disse Aristotile, che l'uomo è fin di tutte le cose. L'uno di questi fini chiameremo noi strumentale, e l'altro, con la voce medesima