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CAPO XLII.


Degli Statuti in generale dei varii Comuni intorno al Lago Maggiore e degli statuti in particolare del Vergante.


Una delle prime cose, alla quale volsero l’animo i Comuni, tosto che si videro liberi dalla diretto e immediata autorità degli Imperatori, fu quella, come ho già accennato, di compilarsi un Codice necessario all’interno reggimento. Questo Codice, o corpo di leggi, che voglia dirsi, fu quello ch’essi chiamarono Statuti od anche ordinamenti, o tutto insieme Statuti e ordinamenti, secondo i quali era amministrata la giustizia, difesa la proprietà, assicurata o protetta la libertà personale e regolato in modo chiaro e preciso le funzioni de’singoli magistrati. Non tutto però era compreso o determinato negli Statuti, almeno sin da principio: accanto ad essi vigeva ancora in molte cose la consuetudine. Base poi di quelli e di questa era in fondo il diritto Romano, il quale può dirsi che non mai totalmente si giacque anche in onta alla barbarie dei secoli sin qui trascorsi. Chiunque voglia fare un confronto tra gli statuti non pochi, che abbiamo delle città in questa epoca coll’interno regolamento degli antichi municipii e delle colonie Romane, tenuto il debito conto delle differenze importate dalla ragione dei tempi, troverà una sufficiente conferma di quanto or ora ho asserito (1).

  1. Si possono vedere e questo proposito le Tavole oggimai notissima di Malaga e di Salpensa, e quelle scoperte di fresco spettanti alla Colonia Giulio Genitiva di Spagna dottamente illustrate dal Mommsen nella Effemeride epigrafica, anno 9 (1873) e da altri ancora dopo di lui.