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osserverò da principio, che il nome originario di esso, e col quale ci comparisce la prima volta presso gli antichi scrittori tanto greci, quanto latini, è Verbano (1) Molte sono lo opinioni emesse dagli eruditi intorno all’origine di questo vocabolo; alcuni il vollero trotto dal nome di un guerriero dimorante sulle sponde di esso lago; altri dalla moltitudine dei linguaggi usati nei diversi paesi, che lo circondano, quasi a diversis linguis o verbis; altri dal vento vernia o inverna, dal quale è dominato ed altri finalmente da un'erba conosciuta sotto il nome verbena, quasi verbana, che quivi intorno cresceva e che era di un uso sacro presso gli antichi: tutte etimologie che poggiano sul falso e insostenibili affatto. Il nome Verbano non è di origine latina, ma a quanto pare gallica o celtica‘ ovvero anche antica germanica, come che voglia dirsi, nè credo che si possa d’altronde spiegare, che ricorrendo ad una di queste lingue antichissime parlate dai popoli, che vennero i primi a pigliar stanza su queste sponde.

Si colloca da Plinio nell’undecima regione d'Italia alle radici delle Alpi insieme con quello di Como, chiamato a quei giorni Lario (2), ma nulla aggiunge intorno alla loro estensione. È notevole però l'osservazione che fa intorno ai fiumi, che escono da questi laghi, scrivendo che le acque loro entrando in essi, come più leggere, sornuotano alle altre e se n’escono anche dopo molte miglia seco traendole e nella medesima quantità (3). Altrove poi lo stesso Plinio nota siccome una rarità

  1. In Latino Verbanus o Verbannus, come anche scrivono taluni sull'autorità di alcuni codici di Plinio nei luoghi che citerò appresso. Non sembra però che questa seconda scrittura sia da preferirsi alla prima, la quale ci viene altresì confermata dalla voce greca presso Strabone VI, 6, 12.
  2. In hac (decima) regione, scrive Plinio (III, 23, 4, § 131), et undecimo lacus incluti sunt, amnesque eorum partus aut alumni, si modo acceptos reddunt, ut Addum Larius, Ticinum Verbanus ecc.
  3. Ecco le sue parole al libro II, 106, 2, §. 224. Qunedam vera (acquae) et dulces inter se supermeant alias, ut in Fucino lacu envectus hispitales suas tantusm, nee largiores quam intulere aquas evehentes. — A questa opinione raccolta da Plinio sembra che alluda anche Silio