Pagina:Il Lago Maggiore, Stresa e le Isole Borromee - Vol. 1.pdf/173


— 154 —

che i Franchi, i quali già possedevano in questo tempo anche la Rezia, scesero in Italia per l'Alpi Tridentine e che giunti a Trento probabilmente altri si diressero per la Valsugana, ed altri proseguendo per la Valle Lagarina lungo l'Adige sen vennero a Verona, dispergendosi poscia pel Veneto e per le circostanti provincie in cerca de'Longobardi.

Il corpo del centro poi giustamente si argomenta disceso pel Gottardo e la Val Leventina. L'occupazione loro del castello di Bellinzona e del piano di Magadino o dei Campi Canini he colà erano, non ce ne lascia alcun dubbio. Che il Lago poi di Lugano sia il Ceresio siamo certi dalle circostanze testè accennate. Solamente si ricerca dagli eruditi quale sia e come di presente si chiami il fiume, che Gregorio narra uscire dal detto Lago. Il Muratori apertamente confessa essergli ignoto1 mentre altri opinarono che fosse il fiume, che ora si chiama Seveso2; ma erroneamente, perchè questo viene dai monti prossimi a Como e scende direttamente verso Milano e non

    captivi. — Anche qui la narrazione di Paolo Diacono è manca: egli descrive più particolarmente il ritorno dei Franchi dall'Italia nel proprio paese, ed è necessario ricorrere a Gregorio per sapere che cosa abbiano fatto dopo il loro ingresso in Italia. Ripigliamo il brano di Gregorio dal luogo che abbiamo lasciato interrotto: Morbus etiam dysentoriae graciter exercitum afficiebat, eo quod aeres incongrui, insuetique iis hominibus essent, ex quo plerique intevierunt, Commoto autem vento et data pluvia, cum pautisper refrigescere aer carpit, in infirmitate salubritatem contulit. Quid plura? per tres fere menses Italiam pervagontes, cum nihil proficerent, neque se de inimicis ulcisori possent, eo quo ultio fieret, qui se intra Ticinenses munierat muros, infirmatus, ut diximus aerum intemperantia exercitus, ae fame attritus, redire ad propria destinavit. Le cose stesse sono narrate anche da Paolo Diacono, ma in seguito al precedente. Da ciò si scorge con che storici si abbia a che fare in questi tempi, e come per intenderli ci sia mestieri alle volte di essere più presto indovini, che interpreti.

  1. Ecco le sue parole all'anno 500, p. 381 dell'edizione seconda Romana, a. 1786: «Eransi portati i Longobardi lungo le sponde di un Laghetto, da cui esce un fiumicello, a noi ignoto.»
  2. L'Annotatore alle opere del Sigonio alla pag. 45 dell'edizione citata delle sue opere l. c. scrive: Arbitror flucium esse, quem nunc Sevesum vocamus.