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lonia?), di funghi più sia copia in Roma che a Parigi o a Bologna, sovvengavi che gli studi medicali, mercè le paure dei teologhi, procedono costi impastoiati, come Dio vel dica. Non obblierò mai le molte risa in che scoppiai ponendo piede nell’anfiteatro anatomico di Santo-Spirito: il cadavere da notomizzare per lo studio degli allievi avea una parte ascosa con foglia di vite! Mi corse alla memoria babbo buonanima nel Paradiso terrestre col perizoma a foglie di fichi d’India, se non prendo granchio.

In cotesta terra di castimonia e misoginia, nella quale i pudibondi pampini s’intrecciano a tutti i rami della scienza, un laureato in chirurgia, impiegato in certo spedale, mi assicurò ch’ei non avea veduto, durante il primo corso di notomia, mamme di femmina. «Abbiamo, soggiunsemi, dottorati a subire, teorico l’uno, l’altro pratico. Tra questo è quello intercaliamo alquanto di esercizio negli spedali, siccome vedete. Ma il monsignore ( e dove non cacciansi monsignori? ) che sopravveglia i gravi studi nostri non consentirebbe che uno di noi assistesse al parto, innanzi di aver subito il secondo esame, ed ottenuta facoltà di pratica: temono gli scandali i monsignori! Noi sgraviamo delle bambole, o fantocci di cenci per addestrar la mano. Fra sei mesi, ottenuti i gradi accademici, esercirò chirurgia, e sgraverò quante occorrerannomi femmine, senz’averne mai veduta una sola.»