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Il Canzoniere | 157 |
Aveva in animo di cantar canti eroici, celebrando Marte: ma Amore lo vinse e lo costrinse a cantar di lui. Ne spera tuttavia una fama poetica non minore.
I’ che volea cantar di Marte l’armi,
Che nostr’etate rendon gloriosa,
Appena con lo stile all’amorosa
4Impresa posso uguale dimostrarmi.
Non vuol Amor, ch’a dir di Marte i’ m’armi,
Che puote quanto vuol in ogni cosa.
Marte l’orrenda spada e sanguinosa
8Lascia, se vuol Amor che si disarmi.
E forse non sarò men noto e chiaro
Cantando Amor, che s’io cantassi Marte:
11Che l’uno e l’altro chiara fama dona.
Di Pindaro e d’Alceo le molli carte
Van con l’armate foglie a paro a paro:
14Nè men di quelle il gran Petrarca suona.
V. 1. Dirà poi il Tasso: «Canto l’armi...». Ma il poeta della Gerusalemme Liberata parlerà subito dopo del glorioso acquisto; il Bandello invece: dell’amorosa impresa, vv. 3-4.
V. 6. Amor puote quanto vuol, reminiscenza dantesca.
V. 12. Pindaro, il grande lirico tebano; Alceo, il lirico di Mitilene che diede il nome al metro alcaico, e cioè i prìncipi della poesia greca.
V. 13. Molli carte, poesia d’amore, lirica elegiaca; armate foglie, poesia lirica eroica, esaltatrice di gesta. Singolare imagine che rinasce modernamente nel titolo di un manipolo di versi di G. A. Cesareo, I canti armati; in Nuova Ant., 16 agosto 1915.
V. 14. Suona, la fama del Petrarca, schietto lirico d’amore, eguaglia quella delle armate foglie della lirica eroica degli antichi.