«Cielo», e del «Reggitore supremo», dicendole feste popolari e superstizioni del volgo; e riguardando gli onori resi agli antenati, a Confucio, e ad altri savi, le une come una postuma continuazione del rispetto de’ figliuoli pe’ genitori, le altre come atti di riconoscenza alla memoria d’uomini, che tanto avevano cooperato al benessere della loro nazione. Queste ragioni, per sensate che appaiano, non valsero a smuover menomamente gl’intolleranti seguaci di S. Domenico; i quali continuarono a vedere in ogni parte del culto cinese idolatria, cerimonie diaboliche, abominevoli sacrificii, e a chiamare fin la reverenza tributata al Cielo un’offesa al vero Dio.1 Queste dispute, che occuparono abbastanza gli animi del secolo xvii, si protrassero fino ai nostri giorni specialmente per opera de’ missionari inglesi, convertendosi in questioni teologiche tra Protestanti e Cattolici. Inoltre alcuni dotti tedeschi non lasciarono d’entrar di mezzo a decidere, come è lor costume; e il Windischmann, lo Schmitt, il Wuttk, lo Stuhr esaminarono gli argomenti degli uni e degli altri, dando il torto o la ragione a chi lor sembrava più meritevole dell’uno o dell’altra. Di tali dispute, le quali oramai hanno fornito materia a molti e molti volumi, che lasciarono il tempo che avevan trovato, non ci occuperemo più che tanto, per non perderlo noi e farlo perdere ai lettori. Investigando le scritture indigene, che conservano memoria della religione e del culto degli antichi abitatori della Cina, ne esporremo i concetti; non con l’intento di sapere, se
- ↑ Vedi, tra gli altri, il libro: Apologia de’ Padri Domenicani missionari della Cina; o pure risposta al Libro del Padre Le Tellier Gesuita, per un Religioso Dottore, e Professore di Teologia dell’Ord. di S. Domenico, in Colonia, 1699, p. 3, 33, 34, 86.