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254 | TEOCRITO |
rosamente come tutta quella brava gente s’era comportata con Simonide, suo predecessore veramente insigne, se non mente la fama, nell’arte di convertire i versi in quattrini.
XVII
ENCOMIO DI TOLOMEO
Questo «Encomio di Tolomeo» è scevro di qualsiasi contaminazione satirica o moralizzante, è un puro sacrificio sull’ara della Dea Adulazione.
Il Tolomeo qui elogiato, è il IIº, il Filadelfo, figlio di Tolomeo Iº e di Berenice. Era nato nell’isola di Coo, dove sua madre aveva accompagnato lo sposo durante la campagna navale del 309. E a 24 anni era salito sul trono, cedutogli dal padre.
Le sue benemerenze sono assai conosciute, e del resto, ampiamente ricordate qui da Teocrito. Il quale, per compiere senza omissioni il proprio ufficio d’incensatore, incomincia addirittura dal padre; e, affermato che, quando era in vita, non c’era cosa che si mettesse in capo, e poi non la facesse, assicura che adesso si trova in Olimpo, a scialare con gli altri Immortali. E qui, per gustare il quadretto che abbozza Teocrito, e che ha il suo sapore, sebbene forse assai differente da quello che il poeta immaginava, bisogna ricordare certe circostanze.
Secondo il contratto nuziale, Tolomeo era figlio di Arsinoe e di Lago, un soldato come tanti altri. Ma, secondo la fama piú diffusa, il suo vero padre sarebbe stato il re Filippo; il quale, amata Arsinoe, e deposto nel suo grembo una prova inequivocabile della sua simpatia, l’avrebbe poi concessa in giuste nozze al suo fido Lago. Ecco in che modo Tolomeo Lagide (Sotér) poteva dirsi fratello di Alessandro; e, poiché Alessandro,