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NOTE XVI 253

delle teocritee. È sostanzialmente una satira, o, se si vuole, una epistola, nel senso oraziano.

Ma nella seconda parte, il poeta s’innalza (o s’illude); dà di piglio alla tromba epica, indossa una veste che fu sempre molto cara ai frigidi alessandrini, quella del profeta; e predice. La Sicilia era stata a quei tempi devastata in largo e in lungo dai Cartaginesi e dai Mamertini, e le speranze di tutti gl’isolani erano riposte nel valore di Gerone, che si apparecchiava ad assaltar Messina, tenuta dai Cartaginesi. Teocrito assicura che tutto andrà per la meglio, e che, grazie al valore di Gerone, fra poco tutti potranno godere la serenità della pace.

I «ricchi Efirèi» sono i Siracusani; giacché Siracusa era colonia di Corinto, e Corinto si chiamava anticamente Efira. La «fanciulla e la madre» che devono proteggerla, sono Demetra e Persefone: Lisimelèa era una palude a sud di Siracusa. Le Grazie son dette «prima dilette ad Etèocle», perché, secondo la tradizione, Etèocle, figlio del fiume Cefiso, e re d’Orcomeno, fu il primo che offri ad esse sacrifizi. Orcomeno è chiamata «odio di Tebe» perché il suo re Ergino vinse i Tebani e li costrinse a pagargli un tributo, sinché non giunse Ercole a liberarli. L’Antioco di cui si parla nella prima parte, fu un re di Tessaglia, contemporaneo di Simonide di Ceo, che l’onorò nei suoi carmi. Aleva era discendente d’Èrcole, e capostipite dei famosi Alèvadi, magnati di Tessaglia, anch’essi esaltati da Simonide. Anche presso Scòpade, altro signore tessalo, Simonide trovò larga ospitalità, ed eternò una sua vittoria olimpica in un canto di cui ci resta ancora un frammento nel «Protàgora» di Platone. I Creondi sono una cosa sola con gli Scopadei, perché Creonda era padre di Scòpade. Crànnone, per concludere la filastrocca, era la sede degli Scopadei.

E picchiando e ripicchiando su questi nomi, Teocrito, senza dubbio, voleva indurre Gerone a comportarsi con lui cosí gene-