Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
91 |
Il cav. Vieusseux rimase un po’ sorpreso: ma siccome era un uomo di spirito e, dopo tutto, non era obbligato a far con me la parte di Catone il censore — mi suggerì subito il Daudet, il Theuriet, il Loti, tutta la gloriosa falange della Francia romantica moderna.
Da quei maghi dello stile risalii dolcemente la corrente e mi sprofondai — è la vera parola — in Teofilo Gautier, nella Sand, in Victor Hugo, in Alfred de Musset e nel divino insuperabile Balzac, di cui lessi in poche settimane tutta la Comédie humaine.
⁂
In quell’epoca feci altre preziose conoscenze. In bottega di mio cognato veniva spesso un certo signor Bartolini, un appassionato cultore, anzi lettore della Divina Commedia.
C’invitò a casa sua per una lettura e lì conobbi il bravo e buon sacerdote D. Carlo Soci, uomo di gran merito, coltissimo, paziente ricercatore di documenti storici, critico e storico egli pure non spregevole, e al quale mi affezionai come a un diletto fratello maggiore. A lui, molti anni dopo, dedicai un mio volumetto intitolato: Il Libro della Giovinetta. Il Bartolini e il Soci senza versar le docce d’una gelida erudizione inutile e parolaia sui miei bollenti entusiasmi giovanili, seppero, con l’autorità dell’esempio indirizzarli a più alte e severe idealità, tanto che in meno di sei mesi avevo letto non so più quante volte Dante, imparandone a memoria i canti più belli.
Ho già accennato all’imperiosa febbre di attività che mi governava: oltre a quella mi tormentava