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Una volta fu lungamente ammalata e io provavo una inesplicabile tristezza nel veder sempre chiusa quella finestra a cui si affacciava spesso il dopo pranzo, tutta chiusa in una lunga veste di seta bianca.
Finalmente guarì e un giorno, tornando da scuola con una bella rosa in mano, la incontrai per le scale. Nel vederla pallida e abbattuta, provai un vero rimescolio di tenerezza e senza pensar troppo alla convenienza del mio atto, le porsi la rosa sorridendole.
La signora Nerina lì per lì rimase come pietrificata: ma si rimesse subito, prese la rosa e mi baciò in fronte replicatamente, ringraziandomi. Il tutto con grande scandalo della Giovanna che era già in capo scala e che si fece un dovere di raccontar tutto alla mamma.
— L’Ida ha fatto benissimo — rispose mia madre — e voi, Giovanna, dimostrate davvero d’aver poco cuore. Voi frequentate la chiesa molto più di me, ma siete ben poco disposta a seguir l’esempio di Gesù.
La sera stessa la cameriera della signora Nerina mi portò una magnifica bomboniera a nome della signora, che aveva infilzato nei nastrini il suo biglietto da visita.
Il babbo mi fece accettare il dono e scrisse un biglietto di ringraziamento, che mentre esprimeva alla signora Nerina la nostra riconoscenza, non incoraggiava altri futuri riavvicinamenti.