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con un principe del sangue che proprio sul più bello del nostro colloquio, mi scappò fuori dalle labbra un «signor duca» che non poteva in nessun modo sostituire l’«Altezza Reale» di prammatica. Un’occhiataccia del conte De Gubernatis tentò di rimettermi sul seminato; ma ormai il male era fatto ed il rimedio impossibile. Per fortuna il Principe non si accorse di nulla, o non mostrò di accorgersene e il democratico appellativo non ebbe — a Dio piacendo — conseguenze disastrose.
Ritornando all’Associazione della Stampa, dirò che uno dei suoi ultimi atti di governo, consistè in un malinconicissimo veglione al Teatro Nuovo, immaginato all’ultimo momento dal consiglio direttivo per rimediare a uno spaventevole vuoto di cassa... La nostra assoluta mancanza di fondi, che avrebbe impietosito anche il tiranno Ezzelino, non impietosì il buon pubblico, il quale capì la ragia e non volle aiutarci in nessun modo a pagar la pigione di casa. Il veglione cominciò tardissimo, a mezzanotte suonata ma in compenso prima delle tre il teatro era vuoto e il consiglio direttivo della nostra Associazione dovè rassegnarsi, con terrificante amarezza a fare a meno del pubblico e a verificare che, anche quella volta, le uscite erano state più delle entrate.
Nell’intimissimo periodo di vita dell’Associazione della stampa io fui nominata dall’assemblea generale socia del consiglio direttivo, e bibliotecaria dell’Associazione. Per una donna, viste le idee antiquate dei fiorentini, era un onore insperato!.... Ma l’accesso di femminismo durò poco, forse perchè la società si spense lentamente, quasi senza accorgersene, per man-