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questa bellissima opera dalle mani stesse del Vannucci con una dedica da farmi insuperbire!

Rivedo ancora come se l’avessi presente il simpatico vecchio, dalla fisonomia calma e riposata, dallo sguardo fiero e dolce nello stesso tempo! Aveva la faccia completamente rasa e quantunque, da un pezzo, non vestisse più l'abito sacerdotale, era vestito scrupolosamente di nero, come chi porta il lutto di qualche cara ed alta idealità perduta.

Appena vide il babbo, corse ad abbracciarlo, movendogli mille interrogazioni su Vernio (paesello natale del grande storico), su Prato e soprattutto su Montemurlo.

— Lei conosce bene Montemurlo? — gli domandai commossa.

— Se lo conosce! — esclamò il babbo con vivacità. — Egli ci ha detto messa e ha confessato insieme col Bindi e con l’Arcangeli! Non è vero, Atto?

Il babbo non fu felice in quella sua evocazione, poiché una nube di tristezza si distese sui nobili lineamenti dell’amico, che abbassò il capo senza rispondere: ma fu un momento, dopo di che, il Vannucci domandò tutto festoso:

— Hai fatto tanto bene, Poldo, a condurmi la tua figliuola! E che fa di bello questa buona giovinetta? Studia? Va a scuola?

Così incoraggiata, gli raccontai tutto di me, delle mie letture, dei miei studii disordinati, della mia voglia di rendermi utile.

— Studiare disinteressatamente per amor dello studio, è una cosa — rispose. — Studiare per giungere al fine di utilizzare le proprie cognizioni, è tutt’altra.