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cise, nella purezza della sua anima angosciata, di dedicarsi tutta a qualche pietoso e nobile ufficio. Suora di carità, infermiera, maestra, qualche cosa, insomma, che impedendole di pensare a sé, la facesse pietosa consolatrice delle miserie o dei bisogni altrui... Io, interrogata dal Pievano, la consigliai a studiare e a dedicarsi all’insegnamento. E i mei genitori, sempre desiderosi di farmi cosa gradita, le offrirono ospitalità nella nostra casetta a Firenze per tutto quel tempo che le sarebbe stato necessario a prepararsi all’esame di patente elementare inferiore. Si capisce che io mi offrii subito di darle lezione.
La proposta fu accettata con entusiasmo e da quel giorno la Stella ed io divenimmo, più che amiche, sorelle tenerissime.