Pagina:Iacopone da Todi – Le Laude, 1930 – BEIC 1854317.djvu/279

come valore da rivendicare, bensí come qualitá da determinare criticamente, secondo i piú rigorosi principi di interpretazione estetica. Dopo aver mostrato che «pessimismo ironico e feroce, isolamento orgoglioso e tragico, ebbrezza cieca d’amore» i tre poli fra i quali si svolge, gravando or piú sull’uno or sull’altro, la follia religiosa del Tudertino», e che né il misticismo medio- evale né il francescanesimo per sé presi «riusciranno mai a renderci ragione dell’anima del T., e quindi della sua poesia», — e dopo avere chiarito tutte le debolezze della precedente critica iacoponica, egli affronta infatti le Laude come opera d’arte e procede a discriminare via via in esse la poesia e la «non poesia». Sotto questo rispetto esse gli appaiono divisibili in due grandi gruppi: quello delle laudi didascaliche, che offrono solo un «arido campo», chiuso da limiti insuperabili nella sfera dell’interioritá ascetica, pieno di luoghi comuni moraleggianti, e tuttavia ravvi- vato da una «pensosa malinconia» e da una «eloquenza aristo- cratica e sfiduciata», e l’altro delle laudi mistiche, che sono soprattutto poesia, e che costituiscono «un poema d’amore, nel quale tutti i gradi e sfumature della passione son toccati e rap- presentati»; poesia ispirata da un «motivo unico», che è nel- l’incontro e nel contrasto fra l’umano e il divino, — poesia «vuota il sapore dugentesco. Il saggio introduttivo (pp. 11-113) vorrebbe essere critico, ma riesce in realtá piuttosto acritico: vi sono, è vero, riassunte con un certo ordine le vicende biografico-spirituali del poeta; ma, per escludere la tesi d’anconiana del «giullare di Dio», vi si fa del Nostro un poeta popolareggiante, quando è anche troppo evidente il suo netto distacco dai «laudesi» contemporanei (cfr. Saphgno, op. cit., pp. 80 ss.); e vi si sostiene fra l’altro, in base ad accostamenti del tutto casuali ed estrinseci, che Dante si sia giovato in piú luoghi dell’esempio di Iacopone, come, potremmo dire, Virgilio dello sterco di Ennio. Migliore, ma non nuovo nelle tendenze, è il saggio di interpretazione mistico-culturale del p. Emilio d’Ascoli, Il misticismo nei canti di frate I da T. (Recanati, 1925): e come pregevole trovo pure citato dal Russo un volumetto di G. Trombadori (/. d. T., Venezia, tip. libr. Emiliana). Le varie antologie uscite nel frattempo (Le piú belle pagine di I. da T. a cura di D. Giuliotti, cit.; I. da T., Ammaestramenti morali contenuti in alcune laude sue, a cura di P. Rébora, Torino, Paravia, 1925; M. Fioroni, Iacopone da T. e i suoi canti, Todi, «Atauor», 1928) si attengono al testo del Ferri: il quale è pure riprodotto integralmente nell’edizione delle Laude curata da Giovanni Papini (Libreria editrice Fiorentina, 1923; «I libri della fede», n. VI; pp. XXV-329, 16°), con una breve prefazione (riprodotta nel voi. Gli operai della vigna, Firenze, Val- lecchi, 1929) e certe noterelle lessicali sulla cui spassosa amenitá si è divertito il R.usso, op. cit., pp. 36-38. — Una piccola scelta di laude ottimamente commentate è nel voi. La lirica predantesca di C. Gukrrieri-Crocetti (Firenze, Vallecchi, 1925)-