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I ricordi del Capitano D'Arce 13

bina, vi dico! civetta, innocente nella sua civetteria come l’aveva fatta sua madre, e con una paura del marito, in quel momento, che le faceva tendere l’orecchio e troncare il discorso di tratto in tratto. Anch’io mi sentivo assai sconvolto.... Allora scappammo a parlare tutti e due in una volta, come cavalli spaventati, battendo la campagna, con una vivacità che voleva sembrar sincera. — Io non avevo voluto partire senza andare a salutarla. — Essa non aveva voluto lasciarmi partire senza dirmi addio. — Partire, lasciarsi.... — In fondo a ogni parola c’era sempre quella nota, sempre quel tono triste, in sordina, in note tenute, in tutte le note, all’infuori della tua, mio povero Alvise, che dormivi lealmente fra i due guanciali della tua felicità, o piuttosto che perdevi al Circolo, in quel momento stesso, lieto del proverbio che lusingava il tuo amor proprio. — E le nostre parole dicevan tutt’altro, dicevano tutt’al più di viaggi e paesi lontani, di orizzonti sconosciuti, o delle memorie che si portano via, e dei luoghi cari che non si vorrebbero lasciare.... — Felice lei che andrà così lontano, per tanto mare, per tanto mondo! Come vorrei volare anch’io, come vorrei venire! — Felice lei piuttosto, che rimane in questa città di cui il cuore porta via tanti ricordi.... in que-