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DELLA COLONNA INFAME 825

del gentilesimo, poterono esser considerati come cose e non persone, e sui quali si credeva quindi lecito qualunque esperimento, a segno che si tormentavano per iscoprire i delitti degli altri. De’ nuovi interessi di nuovi legislatori la fecero poi applicare anche alle persone libere; e la forza dell’autorità la fece durar tanti secoli più del gentilesimo: esempio non raro, ma notabile, di quanto una legge, avviata che sia, possa estendersi al di là del suo principio, e sopravvivergli.

Per adempir dunque una tale formalità, chiamarono il Mora a un nuovo esame, il giorno seguente. Ma siccome in tutto dovevan metter qualcosa d’insidioso, d’avvantaggioso, di suggestivo, così, in vece di domandargli se intendeva di ratificar la sua confessione, gli domandarono se ha cosa alcuna d’aggiongere all’esame et confessione sua, che fece hieri, doppo che fu ommesso di tormentare. Escludevano il dubbio: la giurisprudenza voleva che la confessione della tortura fosse rimessa in questione; essi la davan per ferma, e chiedevan soltanto che fosse accresciuta.

Ma in quell’ore (direm noi di riposo?) il sentimento dell’innocenza, l’orror del supplizio, il pensiero della moglie, de’ figli, avevan forse data al povero Mora la speranza d’esser più forte contro nuovi


tormenti; e rispose: Signor no, che non ho cosa d’aggiongerui, et ho più presto cosa da sminuire. Dovettero pure domandargli, che cosa ha da sminuire. Rispose più apertamente, e come prendendo coraggio: quell’unguento che ho detto, non ne ho fatto minga (mica), et quello che ho detto, l’ho detto per i tormenti. Gli minacciaron subito la