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capitolo xxvi. 507

pubblico, un promotore di saccheggio e d’omicidio, il famoso Lorenzo Tramaglino, che, nelle mani stesse della giustizia, aveva eccitato sommossa per farsi liberare, fosse accolto e ricettato nel territorio bergamasco. Il residente avea risposto che la cosa gli riusciva nuova, e che scriverebbe a Venezia, per poter dare a sua eccellenza quella spiegazione che il caso avesse portato.

A Venezia avevan per massima di secondare e di coltivare l’inclinazione degli operai di seta milanesi a trasportarsi nel territorio bergamasco, e quindi di far che ci trovassero molti vantaggi e, soprattutto quello senza di cui ogni altro è nulla, la sicurezza. Siccome però, tra due grossi litiganti, qualche cosa, per poco che sia, bisogna sempre che il terzo goda; così Bortolo fu avvisato in confidenza, non si sa da chi, che Renzo non istava bene in quel paese, e che farebbe meglio a entrare in qualche altra fabbrica, cambiando anche nome per qualche tempo. Bortolo intese per aria, non domandò altro, corse a dir la cosa al cugino, lo prese con sè in un calessino, lo condusse a un altro filatoio, discosto da quello forse quindici miglia, e lo presentò, sotto il nome d’Antonio Rivolta, al padrone, ch’era nativo anche lui dello stato di Milano, e suo antico conoscente. Questo, quantunque l’annata fosse scarsa, non si fece pregare a ricevere un operaio che gli era raccomandato come onesto e abile, da un galantuomo che se n’intendeva. Alla prova poi, non ebbe che a lodarsi dell’acquisto; meno che, sul principio, gli era parso che il giovine dovesse essere un po’ stordito, perchè, quando si chiamava: Antonio! le più volte non rispondeva.

Poco dopo, venne un ordine da Venezia, in istile pacato, al capitano di Bergamo, che prendesse e desse informazione, se nella sua giurisdizione, e segnatamente nel tal paese, si trovasse il tal soggetto. Il capitano, fatte le sue diligenze, come aveva capito che si volevano, trasmise la risposta negativa, la quale fu trasmessa al residente in Milano, che la trasmettesse al gran cancelliere che potrebbe trasmetterla a don Gonzalo Fernandez di Cordova.

Non mancavan poi curiosi, che volessero saper da Bortolo il perchè quel giovine non c’era più, e dove fosse andato. Alla prima domanda Bortolo rispondeva: “ ma! è scomparso. ” Per mandar poi in pace i più insistenti, senza dar loro sospetto di quel che n’era davvero, aveva creduto bene di regalar loro, a chi l’una, a chi l’altra delle notizie da noi riferite di sopra: però, come cose incerte, che aveva sentite dire anche lui, senza averne un riscontro positivo.