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xi

Ma tu esse dispregi, e però un morto,
  E fetente cadavere sul suolo
  Sembri, che a laude mai non sia risorto.270
E ognun ti sfugge, e lascia incolto, e solo:
  Se non che qualche bestia al puzzo tira,
  O volge corvo alla carogna il volo.273
E nel Lagomarsin, che mai si ammira?
  Scrisse contro un Pedante, e i barbarismi
  Fero dell’un coll’altro a tira tira.276
E in qualche orazione i solecismi
  Conoscer feo del suo pensar citrullo:
  Ma spaccio non trovar gli empi sofismi.279
Onde rimase sempre ignudo, e brullo:
  Ed ora il Diavol l’ha condotto a segno
  D’esser de’ garghi Fiorentin trastullo.282
Poichè ha ruttato dal suo petto pregno
  D’orgoglio l’ignoranza, e fatto un guazzo
  Immenso del suo freddo acquoso ingegno.285
Ed in quel canto, che non vale un ca . . .
  Ha smerdato se stesso, e delle Muse
  Caste in satirizzar fatto strapazzo.288
Le quai rimaste attonite, e confuse
  A tante melonaggini, e bajuche,
  Chi mai gridaro, il canto a lui ne infuse?291
Non bebbe al fonte nò; ma delle Ciuche,
  Che in Pindo al Pegaseo portano il fieno,
  Bevve alle sozze scompisciate buche,294
Quindi ne zampillò quel verso osceno,
  Che ci fa maneggiare ca . . . e co . . .
  A chi di mal Franzese è incotto, e pieno.297
E quindi l’altro, in cui sotto gli arnioni
  Ha Poppea la fontana, onde in orina
  Si stillano i poetici sermoni.300
Questa è la lingua sua pura, e Latina?
  E queste son le nerborute frasi?
  E questa è l’eloquenza alma e divina?303
A fe, che della Crusca son rimasi
  Scornati i Socj, a cui solo frondi amiche
  Sono, d’ogni vigore e forza rasi306
Ei di parlare ha forti mode antiche,
  Nè lussureggia in frondi: i frutti coglie
  Di merda, di ruffian, di ca . . . e fiche.309
Oh Frate becco, cui stoltezza è moglie!
  E dopo ardito sei di vantar fama,
  Che insino a Calicutte il volo scioglie?312