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Tua voce d’uom non è, ma di chi raglia
In Arcadici prati, e se qualcuno
Altrimenti ne pensa, a fe che sbaglia.225
Saresti tu del ver tanto digiuno,
E penseresti come un Assiuolo,
In quel tuo canto, così stolto, e bruno?228
Se avessi dato mai un guardo solo
Alla lavagna, e in quella appreso almeno,
Quel che comprende un cominciante stuolo?231
E di quel pan bollito il cervel pieno
Avresti, cotto a te dalla tua Balia,
Che feo Giuseppe un vecchiarel Sileno?234
E così poco stenderesti l’alia
Del meditar, sicchè altro non cinguetti,
Che Cuium pecus, Damon, e Magalia?237
E sotto que’ tuoi carmi aridi, e infetti,
Zoppi, barbari, incolti, e pien d’errori,
Ne’ riporresti sì sciocchi concetti?240
E così ignoto, e vil sareste fuori?
Mira l’Alto Fronton, che studia quello,
Che irridono i tuoi bei versi canori;243
La fama sua sino al celeste Ostello
Ne vola, e ingombra il gelido Britanno,
E il Franco industre, e al mal oprar rubello.246
Egli sedendo co’ più Saggi a scanno,
Altro onor della dotta alma Famiglia,
Tutti lo miran, tutti onor gli fanno.249
E quel tuo Gallio, di cui sì bisbiglia
Il Mondo tutto, e i parti egregi ammira,
Che si frequenti lo suo ingegno figlia:252
E che a te muovon tanta invidia, ed ira:
Anch’ei cogli altri Eroi dimora assiso,
E a maggior gloria ognor tende, ed aspira,255
E in rimirar l’incotalato viso
E del Lagomarsini, e del Venturi,
Gli squaderna le fiabe, e scioglie il riso.258
E ne riscuote ossequi illustri, e puri,
Di genti rimotissime, onde chiaro
E vivo fia ne i secoli futuri.261
Sai tu perchè? nessun di loro avaro
Fu di fatiche nelle arti più belle,
E quelle apprese ognor molto stimaro.264
Furono queste fide ardenti stelle
Nel lor viaggio periglioso, e al porto
Di gloria gli guidar le alme facelle.267