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la loro pontualità. Uscita poscia dalle sue stanze, andossene al pranso lautamente preparato con artificio sì mirabile di statue rappresentanti Roma, le quattro parti del Mondo, la monarchia mondana, & altre cose intagliate, messe a oro, e colorite sì al vivo, che non mancava loro, ch’il moto. Sedette alla tavola S. M. col Cardinale nel modo già osservatosi.

Il Marchese Francesco Rossetti nipote di Sua Eminenza, diede l’acqua alle mani alla Regina; il Marchese Girolamo fratello di lui porse la salvietta, e servì di coppa; il Conte Laderchi, e’l Cavalier Pasi ambidue Cavalieri di Santo Stefano fecero l’officio di Scalchi, ricevendo le vivande dalle mani di dodeci Gentilhuomini assistenti al servitio. Nel pranso hebbe Sua Maestà continui ragionamenti col Cardinale, misti di tanto tratto, e gravità, che senza lasciar già mai il posto di Regina diede chiaramente a divedere, quanto gradisse le maniere di Sua Eminenza; essendosi messa in tanto all’ordine un’Accademia per trattener Sua Maestà in quegli esercitij, che come più proprij dello spiritosissimo suo intendimento con più saporita mutatione la potessero far passare dalle vivande del corpo all’alimento dell’animo. In quest’accademia, oltre al discorso principale fatto in lode della Chiesa Romana, del Padre Maestro Zenobi Domenicano, soggetto di gran virtù, e talenti, vi si dovevan sentire più di 30 componimenti recitati da soggetti tanto Ecclesiastici, quanto secolari,