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ra, restò Sua Maestà sola col Duca, e coll’Arciduchessa per qualche spatio discorrendo insieme. Introdotti poscia i musici di S. A. nella medesima stanza, diedero a portiere alzate un trattenimento dignissimo, con varie canzoni ad una, e più voci, intrecciandovi diverse armonie di stromenti, di che restò appagatissima Sua Maestà.

S’apparecchiò intanto la tavola nella stessa anticamera ripiena di nobiltà, che occupava ancora la gran sala contigua, essendovi concorsi in gran numero, oltre i Cavaglieri del Paese, moltissimi delle Città vicine, attirativi non solo da una lodevole curiosità, ma anche dal genio di servir a quel Principe, che con l’attrattiva delle sue amabilissime maniere rapiva a sé l’ossequio de’ più remoti, non che de confinanti.

Si assisero alla tavola la Regina sotto al Baldacchino in prospettiva sopra strato quattro dita rilevato da terra, e di rimpetto alla Maestà Sua i Serenissimi Duca, & Arciduchessa. Don Antonio Pimentel, benché invitato, non v’intervenne, non sentendosi troppo bene. Era la mensa imbandita di ornamenti tanto artificiosi, che l’occhio non satiavasi di vedere, e la mente di stupire della loro natural bellezza. La quantità, e delicatezza de’ cibi fu quale si può desiderar nel sontuoso della splendidezza, o nello splendido della generosità. S’osservò però il tutto senza meraviglia; perché chi conosce, qual sia l’animo di quel Principe, ch’anche nelle cose picciole è sempre grande, per esser uniforme alla grandezza della Casa Gonzaga,