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Se ’l prova Apizio, che famose e chiare
fa tra questi monton dagli aurei velli
258 l’alte sue lodi d’ogni lode avare,

e vuol che in lui l’antico rinovelli,
per far del ventre, onde va grave e tardo,

261 goder le fère e gl’importuni augelli.

Quest’i segreti bei senza riguardo
c’hanno Venere e Bacco, aperti mostra,

264 ch’a pensarvi per lui di vergogna ardo.

Dir non pavento ancor chi in sogno giostra
co’ gli animai, col bel ministro vago
267 di Giove. Ah eterna infamia a l’etá nostra!

Io sarei di narrar sue colpe vago
e d’altri assai; ma, perché selva sfrondo
270 folta e infinita, ornai stanco m’appago.

Sovvienmi ancor che voi, ch’a piú giocondo
viver correste, giá per lunga prova
273 sapete che virtú qui giace al fondo.

Tanto noi dunque piú bel disio muova
e dal trito camin del vulgo errante
276 fuggiam per via ch’oggi agli sciocchi è nuova;

risplenda il ver, vostra mercé, né ammante
l’anime pure e belle oscuro velo;

279 basso pensier non ci si pari innante;

purghiam le menti e solleviamle al cielo
si che schernir possiam le nebbie e i venti,
282 chiusi in vii corpo a provar caldo e gelo.

A fatti illustri e valorosi intenti,
onde vien gloria, liberiam noi stessi
285 dal cieco oblio de le future genti:

chi col saver, pei lunghi studi e spessi,
se quel vero Signor nel cui governo
288 fúr i casi del ciel sempre rimessi,

tolt’abbia il nato o pur l’esempio eterno
in fabbricar questo terrestre peso,

291 e qual l’addusse in ciò voler interno;

altri col ricercar se solo inteso
sia ben quel che gli è onesto e se virtute
294 basti a bear chi del suo amore è preso,