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Uopo ben fora che tornasse ferme
vostra medica man, che valse tanto,
180 le vostre piaghe e l’altrui voglie inferme:
voi giá col buon consiglio utile e santo
mostraste, quasi un sol, la vostra luce
183 e fra i piú conti riportaste il vanto;
ch’or si caldo desio mi sprona e induc
far le carte gioir di vostra gloria,
186 la qual chiara da un polo a l’altro luce,
eh’in tra due si travaglia la memoria,
sorpresa da si nobile soggetto,
189 se compier dee la cominciata storia:
che sete, se miriam fisso e perfetto,
d’ogni antica virtú riposto seme,
192 limpido e vivo fonte d’intelletto;
ma per sempre sfiorir la verde speme
di quei che dolce caritade accesa
195 de la misera patria ingombra e preme,
vi ritraeste da la dura impresa;
e fu ben dritto, poi che ’n voci e ’n marmi
198 s’ode e legge che ’l buon riceve offesa.
Qui son le note scritte in brevi carmi
che gli Efesei, Ermodor discacciando,
201 osaron dir, come aver letto parmi.
E però vado anch’io pur desiando
d’allontanarmi e gir (ch’il crederia?)
204 con servitute libertá cangiando;
benché ripreso dai gran saggi sia,
teneri piú di me che di lor fama,
207 ch’io entri caldamente in frenesia;
e sento dir: — Chi ti sospinge e chiama
a provar le miserie di fortuna,
210 quando piú ognun ti prezza, onora ed ama?
Di ragion non hai in te favilla alcuna
lasciar cotant’onor, si bello stato
213 e i tesor eh’in pochi anni si raguna,
per servir a signor crudel o ingrato
e fra lunghi disagi e requie breve
216 sempre col pan aver malvagio piato. —