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CXVI

Alla tomba di uomo famoso.

Degnissim’ombra che d’intorno aggiri
questa felice e gloriosa tomba
e ascolti or questa or quell’altèra tromba
le lodi alzar de’ tuoi chiari desiri,
odi chiamar con mille alti sospiri
il nome tuo che si chiaro rimbomba,
e quella pura e candida colomba
per cui vivesti in si lunghi martiri.

Graditi colli, avventurosa riva,
lauro gentil e voi, ben nate piante,
che udiste il suon di que’ soavi accenti,
prima saran questi duo lumi spenti,
ch’io non v’adori come cose sante,
e sempre di voi pensi o parli o scriva.

CXVII


In morte di Niccolò, fratello maggiore.

(marzo 1531)

Spirto gentile, che ne’ tuoi verdi anni
prendesti verso il ciel l’ultimo volo,
e me lasciasti qui misero e solo
a lacrimar i miei piú che i tuoi danni,
pon dal ciel mente in quanti amari affanni
sia la mia vita, assai peggio che morte;
mira qual dura sorte
vivo mi tien qua giú contro mia voglia,
acciò ch’io viva eternamente in doglia.

Ché, quando torna a la memoria, quando
torna per me quel sempre acerbo giorno
che salisti a l’eterno alto soggiorno,
tremo de la pietá, vo lacrimando
e tremo e agghiaccio, meco ripensando
come morte abbia que’ duo lumi spenti,
che i miei lieti e contenti
•fecero spesso, ed or, di piagner vaghi,
non hanno in tanto mal chi piú gli appaghi.