Pagina:Guidiccioni, Giovanni – Rime, 1912 – BEIC 1850335.djvu/350

Non ti lagnar Tibullo.pag. 254

Novello Alcide, a cui fregia le chiome . •.> 218

Nuovo angeletto con sei gigli in mano.» 193

O de l’arbor di Giove altèra verga.» 248

O di quattr’anni leteo sogno adorno.» 158

O felice alma, in cui fiorir si vede.» 234

O fra quanti ornò mai porpora ed ostro.» 213

Oggi» per me sempre rio giorno amaro.» 170

Oggi, s’io ben raccolgo 11 giorno e Torá.» 318

Or c’hai donato te medesmo, come.» 198

Or che licenza, da’ suoi nodi sciolta.» 220

Padre del ciel, signor d’ogni Signore.» 314

Passato avea tutta Petá mia nova.» 187

Perché accendesti a la divina face.» 152

Perché sacrar non posso altari e tempi.» 112

Perché, se voi non men chiaro o men bello ......» 149

Per troncare un nodoso alto rampollo.» 191

Piacemi aver fra le mie pene inteso.» 198

Piangete, occhi mie^ lassi, occhi piangete.* 96

Piú che di lunghe e bionde chiome e crespe.» 95

Poiché lungi da me la beila spera . . . . m .» 98

Poi che vi spinse cosi bel pensiero.» 242

Pon giú raffanno ornai, che ’l tempo è *1 vero.» 157

Porta il buon villanel da strania riva.» no

Potessi io pur con dolci rime e belle.» 123

Prima eh*io diventassi viandante.» 300

Primo, eterno motor, m’av veggio bene.» 313

Può far il mondo ladro, messer Bino.» 283

Qual destin fu, quando ’l bel corpo ignudo.* 195

Qual di Menalo suol pastor alpestre.» 94

Qual fia ragion che’l duol misure e tempre.» 217

Qual ingegno è si tardo, occhio si losco.» 103

Qual temeraria mano imitar vuole.» 176

Qual voce, d’orror piena, oimè! fu quella.» 94

Quando coi ventre pien donna s’invoglia.» 103

Quando io miro di rame alcuno intaglio.» 156

Quando sará ch’io veggia ai giorni miei.» 254

Quando vider si bella, alta cagione.» 121

Quel bel giardin che serba in Cipro eterno.» 231

Quel caro nodo che ne lega insieme.» 205

Quella che il di ch’io vi concessi il core.» 142