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di Alessi (clxiii, p. 236), non accortosi punto che ben tre volte erano date in quello dopo la tavola delle rime, ricavò da un manoscritto giá di Apostolo Zeno. Pertanto al codice F, 75 noi abbiamo restituito l’autoritá che si doveva, confortata quasi costantemente, con la lezione medesima, dal codice universitario bolognese 2758, dello scorcio del secolo, osservabilissimo anche per ciò che non è derivato da quello, ma si da altro archetipo. Dal codice F, 75 provengono, qui per la prima volta, i due capitoli, cxcx e cxcii, quest’ultimo collazionato altresi sul palatino 302 della Nazionale di Firenze, sebbene sia del secolo xvm; e anche le stanze alla p. 314, coi, delle quali peraltro non possiamo, per quanto vi sentiamo il fare del Nostro, del tutto garantire l’autenticitá, poiché sono accolte dopo la tavola delle rime, fra componimenti altrui: vero è che, ove siano d’altrui, il trascrittore le ha contraddistinte del nome. All’opposto le stanze contro le donne (xxx, p. 113), non ostante giá nel primo Settecento siano state attribuite al Casa, noi le abbiamo qui come cosa del Nostro mantenute, nessuna ragione critica essendovi, al presente stato degli studi, che ne lo possa privare; che anzi il lettore senza fatica potrá capacitarsi che al Nostro non solo per tecnica e per sensi bene si affanno, ma anche fra quel secondo suo amore ben si convengono. Gli altri componimenti che la critica ha giá dimostrato non potersi aggiudicare al Nostro, qui, naturalmente non si leggono. Alcune altre rime inedite speravamo di offerire, dacché il Salza aveva segnalato potersene forse ritrovare nel codice Riccardiano O, in, 31, oggi 1710; ma le poche contenutevi sono giá tutte note.

La cronologia, se in buona parte è desunta dal Cavallucci, dal quale anche sono venuti assai lumi a meglio chiarire luoghi e persone; l’ordinamento, se non poco s’è aiutato, quantunque tutt’altro che pedissequamente, dei rilievi del Salza; nondimeno una qualche parte, né è difficile scorgerla, devono alle mie proprie pazienti indagini. Onde anche per il Coppetta spero di aver assolto il debito mio, essendomi studiato quant’era da me di rendere alle rime sue, le quali, pur nella ristampa del Cavallucci patirono ingiuria fin dagli scrupoli scioccherelli dei censori ecclesiastici, quell’aspetto e quell’assetto che al poeta meno avessero a spiacere.