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che mi dican, di grazia, in cortesia,
che gran mal vi si fa, che vi si tratta
153 che men ch’umano od usato non sia?

Fu la taverna anticamente fatta
e fu cavata di mezzo al caosse,

156 perché era cosa troppo agli uomini atta;

e fu lasciata e poi ricominciosse
al tempo ch’era Simon Cireneo.

159 Egli fu il primo e cosi ben portosse;

egli prima alloggiò quel grand’Ebreo
che si menava dodici compagni
162 e die’ lor pranzo e gran guadagno feo.

Se sapesser costor gli alti guadagni
che si fanno, alloggiando a l’osteria,

165 e quanto a le virtú l’uom s’accompagni,

non anderian gracchiando per la via
c’han l’osteria come l’inferno a noia
168 e qualch’altra incredibile bugia.

Quivi, miseri, è ’l nèttare e la gioia,
del cui dolce liquor piú volte Giove,

171 vestito a peregrin, si sazia e sfoia.

Quivi sempre si trovan cose nove,
come dir la primizia d’ogni frutto,

174 cosa impossibil di trovarne altrove.

Scorrer per far la roba il mondo tutto
e girsi assassinando la persona,

177 esercizio mi par vigliacco e brutto;

parmi, da l’altra banda, e bella e buona
faccenda avere in borsa dei danari
180 e girne a la Campana, a la Corona,

a la Scrofa, a la Spada e a tanti chiari
segni e trofei che la taverna ammanta,

183 nimica di spilorci uomini avari.

Meritamente l’osteria si vanta
oggi di tante gloriose insegne,

186 pregio de l’alta sua virtú cotanta.

Scacciò dal mondo le bettole indegne,
ch’avevan quasi tutto il mondo guasto
189 co’ le pidocchierie sol di lor degne;