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ch’avere adorno il crin, ricca la testa
di mille altiere e gloriose imprese
75 o di ghirlanda di bei fior contesta.
Fa da sé stessa l’osteria palese
la liberalitá eh’in lei si trova,
78 che fa senza danar spesso le spese:
non resta per la carne darti l’ova
e con piú guazzettin dinanzi e poi
81 ti fa sempre gustar vivanda nova.
Da l’isole di Gadi ai lidi eoi
per la buona osteria si gode e sguazza,
84 pur che ’l quarto di sette non t’annoi.
Quivi l’uomo s’ingrassa e si sollazza,
quivi si vive e si muor volentieri:
87 o questa si che l’è una cosa pazza! *
Un va pensoso per strani sentieri,
pur, quando a l’osteria la sera arriva,
90 in su l’uscio dá bando a’suoi pensieri;
e, benché mezzo morto, si ravviva
vedendo or un ragazzo or un scudiero
93 non aver di servir la voglia schiva.
Poi vi si sente un si soave e vero
odor, ch’ai mio parer di molto avanza
96 l’arabo, l’indo e ogni altro profumiero.
Quivi è la buona e la gentil creanza,
qui servitor con le berrette in mano,
99 ciascheduno in servir studia e s’avanza.
A chiunque nasce un appetito vano
di provare una volta esser signore,
102 venga quivi, sebben fosse un villano:
quivi li si fará mai sempre onore:
«signor si», «signor no», con mille inchini,
105 con mille riverenze e con favore.
Quivi son mille ingegni pellegrini;
ogni grosso spiedon da sé si volta,
108 senz’aiuto di mastri o di facchini;
quivi vita si fa libera e sciolta;
e, se vuoi dire il ver, non è piacere
che agguagli il gir per le taverne in volta.
in