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Qui sciolse ognun si ’l freno al caldo umore,
che smorzar potè i torchi e le facelle;
indi nel cieco e solitario orrore
lasciar soletta il fior de l’altre belle.

Tornò la madre e ’l re con piú furore
ai crin canuti, a la rugosa pelle
e, ritornati d’ogni speme privi,
si serrar nel palagio appena vivi.
31
Ma Psiche mentre pallidetta e grave
d’alta paura in su lo scoglio stava,

Zefir con mormorar dolce e soave
la sua vesta qual vela sventilava;
indi, come per mar spalmata nave,
per l’aria in giú sospesa la portava
e giá dormente in un bel pian la pose
soavemente tra fioretti e rose.
22
Ivi bon spazio la gentil donzella
stette nel sonno e ne l’erbetta involta;
e, come prima alzò la faccia bella,
giá da sé avendo ogni paura tolta,
di fruttifere palme e di mortella
scoperse una selvetta ombrosa e folta
e per quell’erbe uscir tacito e cheto
un picciol rio dal bosco piú secreto.
23

Cosi lungo il ruscel per la verdura
mosse la ninfa baldanzosa il piede
e, si come guidolla alta ventura,
giunse nel prato ove ’l bel fonte siede.

Quivi, vicino a la bell’acqua pura

(chi ’l crederebbe?) un gran palagio vede,

di sito, forma ed ornamento tale

eh’un simil mai non vide occhio mortale.