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11
Tolto s’avria di rimaner non meno
Palamede, che vivo ancor sarebbe,
o senza macchia uscia di vita almeno;
perché costui, dopo l’ingiuria ch’ebbe,
senza scordarla punto, odio e veleno
nel suo perfido cor mai sempre crebbe,
e fe’ credervi alfin che per argento
Palamede tesseva il tradimento.
12
E mostrar volse di cavar a sorte
quei denar ch’egli in prima avea sepolti.
Adunque o con gli esili o con la morte
sempre gli aiuti v’ha scemati e tolti.

Cosi combatte, cosi Ulisse è forte;
e s’avanza nel dir Nestore e molti,
meco ragion non troverá che vaglia
d’aver Nestor lasciato in la battaglia.
13
Che, stanco per vecchiezza e dal cavallo
ferito, chiese al suo bisogno appresso
Ulisse, e fu da lui tradito; e sallo
ben Diomede che chiamollo e spesso
gli addusse in faccia il vergognoso fallo.

Ma vien d’aiuto bisognoso anch’esso,
come a Dio piacque; e da lasciar ben lui
era, come egli avea lasciato altrui.
14
Al suo chiamar appresentaimi e scòrsi
questo campion tutto tremante e bianco
per la morte vicina, ond’io gli porsi
l’ampio mio scudo sopra il corpo stanco;
ma quel che non potea da terra tòrsi,
tosto fuggi, poi che si vide franco:
benché assai lode acquistò in quell’impresa,
avendogli io l’indegna vita resa.