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Io non al dir né questi al fare è pronto;
tanto ei vale nel dir quant’io ne l’armi:
benché io non penso a tutto il mondo conto
dover qui con la lingua a voi mostrarmi,
ché le opre mie sono a’ vostri occhi in pronto;
conti Ulisse le sue, che giusto parmi,
che senza testimoni oscure vanno,
da la notte coperte e da l’inganno.
4
Premio chieggio, noi niego altèro e regio:
ma, come Ulisse al mio disir non ceda,
l’onor mi scema; poca gloria o pregio
è ottener quel ch’egli speri o chieda:
giá di questa contesa ha in mano il pregio,
benché restarne perditor si creda,
ché non gli si può tór che non racconte
d’esser venuto con Aiace a fronte.
5
Or io, se fosse ogni nostra opra oscura,
son per nobiltá chiaro, essendo uscito
di Telamon, che le dardanie mura
prese col forte Alcide e vide ’l lito
di Colchi con Giason, e fu fattura
d’ Eaco giusto, il cui senno gradito
giudica l’ombre taciturne e danna
ove Sisifo il sasso ognora affanna.
6
Eaco nato al sommo Giove, il quale
esser costui sua vera prole afferma:
cosi, scendendo per celesti scale,

Aiace il piè nel terzo grado ferma.

Ma se tal succession nulla mi vale,
ed è ragione in questa causa inferma,
congiunto al grand’Achille esser mi veggio;
frate mi fu, le fraterne arme io chieggio.