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CLXX

In lode di Berardino Alfani. (circa il 1553)

Ben puoi tu andarne, o colle Augusto, altèro
d’aver nudrito e serbar Tossa ancóra
del gran Bartolo tuo che ’l mondo onora,
e l’altezza di Cesare e di Piero;

ma, poi che dal gentil legnaggio vero
veggio spuntar si nobil germe fuora,
come spunta dal ciel vermiglia aurora,
vederti al sommo d’ogni gloria spero.

Perché, se quel d’interpretar si vanta
del buon Giustiniano i sacri inchiostri,
quasi spirto fra noi d’un nuovo Apollo,
questi ne vien con tanto imperio e tanta
grazia dal ciel, che, pur che ’l viso mostri,
pone altrui legge e dolce giogo al collo.

CLXXI


In lode del medesimo.

Stiamo, Amore, a veder si nuova luce,
questo sceso dal ciel tindareo seme,
c’ha le bellezze e le virtudi insieme
d’Elena, di Castor e di Polluce.

Vedi c’ha tolto e l’una e l’altra luce
a le stelle fraterne e le supreme
grazie al bel volto per cui Troia geme;
vedi ch’un altro sole a noi traluce;

vedi ’l cor suo tutto gentile e vago
d’onestá, di valor, di cortesia
e d’onorate voglie albergo e seggio.

Io di veder tanto splendor m’appago
e se mi lice udir l’alta armonia
de le dolci parole, altro non chieggio.