Pagina:Guidiccioni, Giovanni – Rime, 1912 – BEIC 1850335.djvu/230

12
Se mai fresche, vermiglie e bianche rose
in bel giardin con virginetta mano
colse alcuna di voi e ne compose
corona al crin in vago modo e strano,
pensi che tai l’angeliche e amorose
guance sian del suo viso dolce umano;
se pur del ciel le rare maraviglie
cosa terrena avvien che rassomiglie.

«3

Paion le labbra bei rubini ardenti,
piú di quante n’ha Amor vaghe a vederle;
sembrano i bianchi, schietti e puri denti
candide orientali elette perle;
quindi escono si oneste e si eccellenti
dolcezze, eh’anco il ciel brama d’averle;
quivi il parlar si forma e ’l riso ognora,
ch’ogni piú freddo cuor arde e innamora.
14
Non è si bianco marmo o avorio schietto,
se posto a paragon sia del bel seno,
dove ha vera onestá dolce ricetto,
che ’n parte agguagli il suo candore almeno.
Del piú raro alabastro e piú perfetto
è la candida man che tiene a freno
qualunque per fuggir volge le piante
da le leggi d’Amor pudiche e sante.

  • 5


Se ’l vago piè talor move, ogni loco
vicin, cui troppo ghiaccio o caldo sface,
vestir il piú bel verde a poco a poco
si vede, che piú a voi diletta e piace;
se va, se sta, se gli occhi pur un poco
volge, se ride, parla, pensa e tace,
del ciel le grazie ognor son tutte seco,
ch’ornai veder dovrebbe il mondo cieco.