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XVIII

Gli appaghi le sue speranze l’infido Amore.

Le tue promesse, Amor, come sen vanno
spesso vòte di fé verso i martiri !
come nascon nel cor fèri desiri,
quando interdette le speranze stanno!

Non è presto a venir se non il danno:
io ’l so che ’l sento; e tu, che lieto il miri,
dammi dond’io talor dolce respiri
dal grave peso di si dolce affanno.

Per virtú del tuo santo aurato strale
raccolta sia la mia speranza ov’ebbe
albergo giá si avventuroso e degno;

sostenti la tua fé pena mortale,
ed al cader non sia vano il sostegno
che desti al cor quando di lui t’increbbe.

XIX


A Paolo Giovio,

che, pur morta la sua donna, leggiadramente poetava.

Giovio, coni’è che fra l’amaro pianto
de l’alta donna tua, fra tanti affanni,
fra le triste membranze e i neri panni
s’oda si dolce e si felice canto?

Cercando il suo bel sol con pensier santo,
ch’a morte studia far onta ed inganni,
cred’io che s’erga a quei superni scanni
ov’oda e ’mprenda il suon mirabil tanto.

Ché, come vince l’armonia celeste
l’uman udir, cosi ’l bel dir ne lega
i sensi d’un piacer che suol beare.

Deh perché ’l mio, che ’ndarno l’ali spiega,
seco non guida al ciel, sol perché queste
voci del nome suo sian dolci e chiare?