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CXI

Per la medesima sciagura.

Esangui e ignudi in su l’istessa rena,
ritolti allora al Tebro empio e funesto,

10 vidi quei tre corpi. E qual sirena
non avria pianto, oimè! caso si mesto?

Anton Iacomo ancor nel viso onesto
ritenea quella fronte alma e serena,
Alessandro l’ardir, Clemente in questo
pietoso affetto e smisurata pena.

Poi li vidi coperti a negro manto
sopra tre gran feretri e ’n lunga schiera

11 popol tutto e dir cosi nel pianto:

— Oh fede, oh pietá piú d’ogni altra vera,
ambi perire al suo Alessandro accanto,
un per salvarlo, un perché sol non péra!

CXII


Per la medesima sciagura.

Te d’orgoglio, Alessandro, il Tebro vinse;
ma ben vincesti tu Scilla e Tifeo,
poi che l’empio ardir tuo l’altrui sospinse
e ’l tuo morir fu di due morti reo:
te giustamente il crudel fiume estinse,
te scellerato sopra ogni altro e reo,
poi che per tua cagion fu tratta al fondo
quanta fede e bellezza ornava il mondo.