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Me stesso ricovrai, perdendo quella,
quella eterna nimica d’onestate,
tromba d’alte bugie, di frodi ancella,
esempio de l’infide e de l’ingrate,
di virtú piú nimica e piú rubella
di fé di quante al mondo ne son state,
vagabonda, superba, arpia rapace,
lusinghiera, sfacciata, incesta, audace.
25
E se non che pur temo far me stesso
degno di biasmo, mentre biasmo altrui,
direi sua vita infame e chi fu spesso
cortese e largo nei bisogni sui,
la vii turba d’amanti ch’ella ha appresso,
la patria, il nome d’essa e di colui
che, col favor di chi dovea vietarlo,
fe’ il grand’oltraggio a chi non dovea farlo.
26
Non tanto al rio fanciul che cieco strinse
nei danni miei gli strali e le facelle
e privo di giudizio mi sospinse
a reputarla fra le cose belle,
né a chi di si vii nodo il cor m’avvinse,
quant’odio porto al ciel, quanto a le stelle,
quanto a la sorte mia, poi che le piacque
farmi nascer dal sesso ond’ella nacque.
27
Per non farle veder s’io posso e voglio
in vitupero suo, fin pongo ornai;
ripongo il calamar, la penna, il foglio
lontan da me per non darle piú guai :
e tempo verrá poi che ’l gran cordoglio
sopra di lei scender veder potrai ;
e Dio permetterá che sia punita
la puzzolente sua nefanda vita.