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E, se ben per Paddietro ogni pensiero
posi in quella bellezza, in quel valore
che finti fúr, fin che vedere il vero
non mi lasciò l’aspra passion d’amore,
or l’error veggio ed emendarlo spero,
che son del cieco laberinto fuore
ed a me stesso a disamare insegno
col cor privo d’amor, colmo di sdegno.
5
Non crediate però che ’l dolor mio
e ’l pianto sia perché lasciato m’abbia;
anzi mi doglio e piango il tempo ch’io
fui servo altrui ne l’amorosa gabbia:
giá fu grande l’amor, grande ’l desio,
or è maggior lo sdegno e piú la rabbia;
giá ne cantai ed or perdere mi duole
in soggetto si vii queste parole.
6
Ma quel di che m’affliggo e mi tormento
è che mi dá la fede e vuol eh’ io creda,
giurando ella che m’ama, e in un momento
la veggio darsi a un insensato in preda:
quanto possa la fede e ’l giuramento
di donna quindi ogni uomo estimi e veda:
che fará in regni, in oro, in gemme, in ostro,
se cosi usa ella in acquistarsi un mostro?
7
Quanto odiasse Natura il vostro sesso
in molti effetti e molti mostrar volse,
ma piú eh’in tutti gli altri’l fece espresso,
quando i vizi, del ciel banditi, accolse
e ne fe’ un corpo al suo simile e, messo
che gli ebbe il tòsco in sen, ch’a l’aspe tolse,
lo tuffò in Stige, indi di fuoco armollo
e a la rovina nostra consacrollo.