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IV

Aneliti d’amore.

Piu che di lunghe e bionde chiome e crespe,
d’un breve e molle e negro crin m’ appago.

Mi punge ’l cor un’amorosa vespe,
e son ognor piú d’attuzzarla vago.

Onde, quasi com’uom ch’adombre e incespe,
leggo nel guardo suo vivace e vago:

«Dammi nel volto pallidetto e bruno
ben cento baci, e men non ne voglio uno».

V


Appresso e lontano si strugge per lei.

Da’ bei vostri occhi raggia un sole ardente,
e io son al vostro sguardo un uom di neve;
pensate dunque voi come star deve
mia vita in si bel sol chiaro e cocente.

E l’alma mia, che ’l danno suo non sente,
si duol che il starvi appresso è raro e breve,
e sa ben che ne more, e non l’è greve
morir, purché ’l suo mal vi sia presente:

ché piú bel fin non spera il mio martire,
né l’alma potria far piú nobil passo,
s’avvien ch’a si bel sol languendo spiri.

Mirate a che m’ha indotto Amore, ahi lasso!:
che innanzi a voi è vita il mio morire,
e morte è ’l viver mio quando vi lasso.